Un piano triennale regionale intercultura e integrazione.
È il documento che verrà approvato dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna entro l’estate e in vista del quale, questa mattina, da Bologna sono state ascoltati i protagonisti ravennati. Del resto, Ravenna sul tema ha molto da dire, viste le politiche e gli interventi messi in campo negli anni: basti pensare al Festival delle Culture che va avanti dal 2005 e al quale si arriva, ogni estate, grazie a un percorso di progettazione partecipata. O all’Albo delle famiglie accoglienti lanciato la scorsa primavera.
Tra le tante persone che hanno preso la parola per raccontare quali elementi favoriscano i processi partecipativi e l’inclusione e quali, invece, li ostacolino, Aliou Sarro, presidente dell’associazione «Noi per voi», che ha fatto un esempio pratico: «Quando sono arrivato dal Mali, per me è stata fondamentale l’esperienza del servizio civile, che ha dato il via al mio percorso di integrazione». Sull’importanza dell’incontro ha puntato anche Simona Tartaull, che tra le altre cose lavora all’Informagiovani Informadonna di Lido Adriano: «Bisogna puntare sul fare. Con le “mie” donne di Lido Adriano organizziamo attività di cucina e di cucito, andiamo nel centro sociale frequentato dagli anziani più autoctoni. Solo così, lavorando sulla la conoscenza reciproca e i territori anche più periferici, che si persegue l’obiettivo di una migliore convivenza». Tatiana Tchameni, volontaria dell’associazione «Il Terzo Mondo», ha invece sottolineato come il disagio socio-economico di alcune famiglie straniere, per cui anche solo comprare latte e pannolini per i bambini è un problema, ostacoli la partecipazione alla vita della città e l’integrazione: «Quando si hanno queste difficoltà quotidiane da risolvere, è difficile se non impossibile uscire dalla propria solitudine». Valentina Gentile, che coordina lo spazio educativo «Agorà» a Lido Adriano, ha spiegato come per gli operatori del settore sia fondamentale dare ascolto, dare spazio: «Bisogna fermarsi per capire i bisogni, calarsi nella profondità, legittimare le voci». Johnson Odiase, operatore di Terra Mia e mediatore culturale, ha aggiunto la necessità «di essere sinceri, non vergognarsi delle nostre differenze, non avere paura di dialogare con le persone razziste, che sono le più silenziose».
Tra le suggestioni istituzionali, quelle di Federica Moschini, assessora all’Immigrazione del Comune di Ravenna, che ha messo in evidenza come spesso i territori più lontani dal centro, come il vasto forese, rimangano esclusi dagli eventi culturali, che invece potrebbero servire a creare connessioni: «In vista del 35esimo anniversario della strage della Mecnavi, per esempio, creeremo un momento per sottolineare come in quella tragedia non persero la vita solo italiani, anche perché il tema del lavoro e della sicurezza sul lavoro ci riguarda tutti». D’accordo Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, secondo la quale andare nelle periferie con gli eventi culturali, per quanto sfidante, sia necessario per «aprire una porta in più e tendere un filo». Potente il suo intervento sull’abitare: «Non ci deve fare dormire la notte il fatto che le persone straniere, anche con la garanzia di contratti a tempo indeterminato, non abbiano accesso al mercato degli affitti, in cui i pregiudizi sono ancora troppi».