Da circa 30 anni si occupa di servizi per cittadini migranti, è esperto dei temi legati all’immigrazione e all’asilo, nonché autore di pubblicazioni. Si tratta di Paolo Fasano, formatore, consulente in numerosi progetti Anci e dal 2018 responsabile dell’Unità Organizzativa Politiche per l’Immigrazione del Comune di Ravenna.
Fasano, come nasce questa passione per la materia dell’immigrazione?
«Nel 1994 fui assegnato, come obiettore di coscienza, al consorzio il Mappamondo che gestiva a quei tempi i primi servizi per cittadini stranieri. Sì, possiamo dire che sono stato folgorato sulla via di Ravenna e da allora non mi sono più separato dalla materia migratoria e dalle persone migranti. Sono davvero grato all’Amministrazione comunale per questa straordinaria esperienza umana e professionale».
Facciamo un salto in avanti: come fu creata, a Ravenna, l’U.O. Politiche per l’immigrazione?
«Successe nel 2002, esattamente vent’anni fa, grazie a un’intuizione dell’Amministrazione comunale: si capì, allora, che l’immigrazione non è solo una questione sociale, così come non è un problema di sicurezza. I servizi per i cittadini migranti, se vogliono incidere, devono considerare anche l’intercultura, l’universo delle informazioni, nonché l’assistenza per i procedimenti amministrativi, alcuni dei quali molto complessi. Il cittadino straniero si rivolge ai servizi sociali, che per definizione hanno un approccio universalistico, non in quanto immigrato, ma perché persona in stato di bisogno. È una distinzione non solo concettuale, ma sostanziale. Ed è importante che questa consapevolezza sia forte nell’utenza, quanto nell’opinione pubblica.
L’ufficio comunale nasce nel 2002 attorno all’intercultura e alla cooperazione decentrata, gli sportelli si aggiungono nel 2004, nel 2008 arrivano i progetti di intervento sociale».
L’approccio, dunque, è quello di occuparsi di immigrazione a 360°?
«Possiamo dire che ci occupiamo di progetti di intervento sociale specifici per determinate categorie di cittadini stranieri: minori stranieri non accompagnati, richiedenti asilo, vittime di sfruttamento sessuale, vittime di sfruttamento lavorativo o di caporalato, titolari di protezione, ma ci occupiamo anche di eventi interculturali spesso coprogettati con la cittadinanza e con enti pubblici e privati, come il Festival delle Culture e altre rassegne e laboratori interculturali (Scritture di Frontiera, Territori Comuni, etc.), di progettualità finanziate da fondi europei, nazionali e regionali per attività complementari ai servizi territoriali. Inoltre gestiamo una rete di sportelli informativi e di assistenza amministrativa a livello distrettuale, il servizio di mediazione scolastica. Infine, promuoviamo e coordiniamo progettualità di cooperazione internazionale».
Come è composto l’organico ?
«L’organico è composto da una decina di fantastici dipendenti comunali, ai quali si aggiungono proficue collaborazioni con cooperative sociali, comunità, associazioni, istituzioni, cittadini. Adottiamo strategie di lavoro basate su reti governate: abbiamo protocolli di collaborazione e partenariati con l’Università, l’Ausl, la Questura, la Prefettura, gli istituti scolastici, la Regione, l’Anci Er, le associazioni sindacali, altre istituzioni. L’obiettivo è contribuire a comunità più coese e consapevoli. Per questo promuoviamo un approccio sistemico, non settoriale, sorretto da equipe multidisciplinari e da una costante coprogettazione con la cittadinanza. È l’unico modo che conosciamo per diventare più competenti e quindi consapevoli, in presenza di un fenomeno che si caratterizza per la velocità dei cambiamenti e la complessità delle connessioni. Inoltre, cerchiamo di curare molto i capitolati dei servizi erogati sotto la supervisione costante dei colleghi dell’ufficio contratti e promuoviamo progetti comuni con i colleghi degli altri servizi».
Ci fa un esempio?
«L’Albo delle famiglie accoglienti, che coinvolge contemporaneamente immigrazione, Centro per le famiglie e Servizio sociale, senza dimenticare la preziosa collaborazione delle associazioni e delle cooperative. L’Albo delle famiglie accoglienti, primo esempio in Italia seguito da altri importanti Comuni come Roma, Bari, Padova, si rivolge a tutta la cittadinanza ed è sia un’azione sociale che interculturale, perché con l’accoglienza in famiglia viaggia anche il messaggio della società che vogliamo: inclusiva, solidale, interculturale. Potrei citare anche lo Sportello unico multiprofessionale per l’emergenza Ucraina, attivo dal 21 marzo presso la nostra sede della Casa delle Culture, concreto esempio di servizio integrato tra noi, sociale, centro per le famiglie e volontariato, un’operazione davvero corale di cui siamo molto contenti».
La sua U.O. quale contributo ha dato?
«Lo sportello multiprofessionale per l’emergenza Ucraina deve raccogliere le prime informazioni e metterle a disposizione di altri servizi e istituzioni: Prefettura, Questura, Ausl, istituzioni scolastiche, Tribunali dei minori, Consolato ucraino. E lo deve fare lavorando tempestivamente per garantire quantità e qualità dei dati, perché le altre pubbliche amministrazioni dovranno poi erogare, anche sulla base di questi, prestazioni essenziali e primarie come l’accoglienza, la tutela sanitaria in un periodo di emergenza pandemica, il rilascio del permesso di soggiorno, le iscrizioni scolastiche e altre prestazioni educative. Abbiamo cercato di ragionare in primo luogo sulle finalità del processo che doveva essere erogato e sulle possibili criticità che potevano emergere. Su alcune siamo riusciti a intervenire preventivamente al fine di evitare corto circuiti burocratici con le altre pubbliche amministrazioni, con strumenti e procedure che rendono il più possibile fluido il flusso di persone e di informazioni raccolte. Così, oltre a distaccare tre operatori di sportello, due operatrici interculturali, un’assistente sociale e due tirocinanti, l’U.O. Immigrazione ha attivato per questo servizio cinque nuove mediatrici interculturali di lingua ucraina e un’altra operatrice di sportello per dare immediata soluzione, ad esempio, alla criticità dei documenti in cirillico che attestano i rapporti di parentela, in attesa della traduzione giurata, nonché per indicare in modo attendibile le scuole frequentate in Ucraina o altri importanti dati di tipo sanitario. L’obiettivo è garantire informazioni corrette ai cittadini ucraini, alle assistenti sociali e alle altre pubbliche amministrazioni coinvolte nel processo di prima accoglienza. In 21 giorni si sono recati presso la Casa delle Culture oltre 600 profughi e sfollati provenienti dall’Ucraina. Certo, siamo consapevoli che questa è solo la fase iniziale e il successo del processo complessivo di accoglienza dipenderà da altri fattori, ma intanto siamo partiti bene».
Qual è l’evoluzione prevedibile?
«Per la fase iniziale miglioramenti sono sempre possibili. Spesso è proprio la cura dei dettagli nella fase di implementazione a determinare il successo di queste operazioni. Potremmo rendere più efficace la comunicazione tra Cas e istituzioni scolastiche per facilitare le iscrizioni già in quest’anno scolastico, valorizzare maggiormente le enormi energie offerte dalla cittadinanza attraverso l’Albo delle famiglie accoglienti oppure in una logica di rete condividere con la Questura le comunicazioni al Tribunale per i minori e alla Rappresentanza consolare ucraina. Ma l’impianto è efficace considerando che è stato attuato in pochissimi giorni. Per il prosieguo del percorso di accoglienza invece è possibile tendere verso una programmazione unitaria degli interventi, evitando sovrapposizioni o duplicazione delle azioni, interruzione dei flussi informativi, dispersione delle risorse, e promuovendo un circuito virtuoso di stimolo reciproco tra gli attori coinvolti. Costruire una rete governata non è mai un’operazione semplice, perché si tratta di individuare e far operare insieme obiettivi, programmi, standard, risorse – informatiche e professionali – elevando tra gli attori il livello di cooperazione, espressione della cultura della rete. Tutto ciò può migliorare fortemente l’efficacia dei percorsi di autonomia delle persone accolte. Vediamo anche quale partecipazione incontreranno l’avviso per le famiglie accoglienti e la piattaforma della protezione civile per il contributo ai profughi autonomi, altri strumenti di intervento messi in campo dallo Stato».