Tommaso Valente: «Un filo di sabbia per far sentire la voce del popolo Saharawi»

Ci sono storie che meritano di essere narrate, perché la gente sappia e non resti indifferente. Questo è quello su cui hanno scommesso tre ONG che operano nella cooperazione interazione: si tratta di CISP (Comitato Italiano Sviluppo Popoli), Nexus Emilia Romagna e Rete Tifariti.

La loro scelta si è incentrata sull’idea di realizzare un documentario cortometraggio sulla situazione del popolo Saharawi, che 45 anni fa, a seguito dell’invasione marocchina, è stato cacciato da quella che era la sua terra nel Sahara occidentale e ora si trova confinato a sud-ovest dell’Algeria. Da allora queste persone sopravvivono in campi profughi grazie agli aiuti umanitari.

Instant Documentary, associazione di promozione sociale, e Tommaso Valente, regista, hanno accettato la sfida di realizzare il documentario e, grazie al ricavato raccolto dalle ONG, sono partiti per girare le riprese in questa terra bruciata dal sole.

«Il filo di sabbia è qualcosa che collega, mette in relazione i campi profughi con le ONG che sostengono questo popolo – spiega Tommaso Valente -. E’ un legame sottile e precario che negli ultimi anni si è rafforzato e ha dimostrato di saper resistere, così come la vita del popolo Saharawi che può essere ricostruita e reinventata».

Il filo di sabbia racconta come l’essere umano possa vivere in un luogo desertico, che sia per un giorno o per tutta la vita. Lo chiamano «Hammada», che nella lingua dei Saharawi vuole dire «niente», «nulla»: «Eppure, in questo ambiente così brullo sono germogliate attività fiorenti. Le ONG hanno dato vita a progetti di riqualificazione delle persone e del territorio, come la realizzazione di orti sperimentali, bonifica dei suoli, stimolato la nascita di cooperative femminili, costruito progetti di educazione alimentare, scolastica e attività di aiuto alle persone con disabilità».

Si parla di 300.000 persone che vivono nei campi profughi: «La sensazione che mi è rimasta visitando questa gente è quella della sospensione, della pazienza, dell’attesa, ma anche la speranza che si sblocchi la situazione e le persone possano tornare nella loro terra».

Il tutto è impregnato da un sottofondo amaro, se si pensa che alcune famiglie vivono lì da tre generazioni e non hanno idea della vita che c’è fuori. Tutto si è fermato a 45 anni fa e, nel momento in cui usciranno dalla teca in cui si trovano, dovranno ricostruire da zero la loro società. Per questo le attività delle ONG sono così importanti, perché le persone non perdano la propria dignità di essere umani e siano impegnate in lavori utili per il futuro che li attende.

Tommaso Valente ha condiviso gli instanti di queste vite desertiche, ha mangiato i loro cibi e assaporato le loro bevande, studiato e ripreso gli sguardi, i volti e i gesti delle mani. Ha giocato con i bambini. Ha respirato la sabbia sollevata dal vento, che ti entra negli occhi, nella bocca, ti fa mancare il fiato e diventa parte di te. Ha visto il lavoro incessante e indispensabile delle ONG. E ne è valsa la pena. Il documentario è stato girato.

Adesso occorre raccogliere il denaro per fare le attività di post-produzione, come montaggio, musica, correzione suoni, colori, sottotitoli e divulgazione. Di seguito il link per fare una donazione https://www.ideaginger.it/progetti/il-filo-di-sabbia-racconti-di-solidarieta-con-il-popolo-saharawi.html

Nel 2023 il documentario sarà distribuito attraverso festival nazionali e internazionali, questo dipenderà anche dai fondi che verranno raccolti.

Il filo adesso è più stabile, resistente, perché sono arrivati i rinforzi e chi vive nel silenzio ha modo di fare sentire la propria voce. I granelli di sabbia che lo compongono diventeranno ben visibili agli occhi di tutti e la storia del popolo Saharawi non resterà sepolta sotto le dune mute di un deserto.