Al Festival delle Culture approda anche Tôchi Bellezza, collettivo teatrale formato da dottorandi, italiani e stranieri, del campus di Ravenna (Università di Bologna), che organizza attività sociali e artistiche, con specializzazione in diritti umani e beni interculturali. Domenica 5 giugno proporrà all’Almagià “Encounters with others”, una performance teatrale che parla di integrazione sociale e culturale. Ma come nasce questa associazione e, soprattutto, perché? Ne abbiamo parlato con Amanda Quach, tra i fondatori e presidentessa di Tôchi Bellezza.
Amanda, com’è nata Tôchi Bellezza?
«Tôchi Bellezza nasce in realtà da una mia idea. In passato ho studiato teatro, poi mi sono dedicata ai diritti umani e cercavo un modo per unire queste due mie grandi passioni e poterle condividere con gli altri. Così ho iniziato a proporre incontri online ai miei colleghi e a chi fosse interessato a partecipare al progetto».
Come si è strutturata nel tempo l’associazione?
«Ad aprile 2021, Tôchi Bellezza è stata selezionata tra i sei progetti vincitori della Call for Ideas – “Almagià Creative Hub”, che ha fornito al gruppo assistenza organizzativa e un budget per sviluppare ulteriormente l’idea. I primi incontri sono andati molto bene, non ci aspettavamo fin da subito una così numerosa partecipazione. Quindi abbiamo deciso di aprire l’associazione anche agli studenti del campus di Ravenna, al direttivo universitario e recentemente ai ragazzi richiedenti asilo. Giorno dopo giorno, in meno di un anno, Tôchi Bellezza è passata da 20 a quasi 200 studenti, tutti appassionati di diritti umani e pronti a lottare per un mondo più equo e giusto. Fondata sui pilastri dei diritti umani e della cultura, il nostro collettivo, tra i suoi compiti, ha anche quello di aiutare gli studenti internazionali ad integrarsi meglio in città, magari agevolandoli nel disbrigo delle pratiche burocratiche o semplicemente nel fare amicizia con altri coetanei. Per dare una mano a quanti più studenti, a breve Tôchi Bellezza diventerà inoltre un’associazione studentesca riconosciuta dall’Università di Bologna».
Quali sono i principi su cui si fonda Tôchi Bellezza?
«Principalmente si basa sul principio dell’integrazione attraverso lo scambio culturale. Tutte le culture del mondo sono state create attraverso un processo di scambio interculturale. La cultura italiana, ad esempio, nasce da diverse influenze: quella araba, turca, africana, greca ed altre ancora. Molte persone arrivano in Italia con la speranza di una vita migliore e che la loro cultura venga in qualche modo accettata. E nonostante il desiderio di vivere in una società in cui il razzismo non esista più, purtroppo la realtà è ancora ben diversa. Sono tanti i diritti negati dal punto di vista legale e costituzionale agli stranieri che vivono in Italia. Per poter comprendere e apprezzare persone diverse da noi, bisogna prima condividere le loro culture. Solo in questo modo riusciremo ad abbattere i fenomeni discriminatori. Provo a farvi un esempio. Quando non si parla la stessa lingua, possono crearsi malintesi, giusto? Ma il linguaggio non è l’unico mezzo di comunicazione. Ci sono anche norme sociali, sistemi di governo e regole formali radicate nelle culture e queste possono generare una grande confusione negli individui che si trasferiscono in un nuovo Paese. Il passaggio da una cultura all’altra o cercare di interagire con usanze, modi di fare e di essere differenti, è sempre complicato. Senza un adeguato processo di integrazione si rischia di rimanere “bloccati” in questo limbo per anni o forse anche per sempre. La mancanza di interazione con gli altri diventa per lo straniero un ostacolo al godimento della vita e alle eventuali opportunità di crescita sociale e professionale. Può portare anche ad altri traumi, come la scarsa fiducia in se stessi o l’odio per la propria cultura di appartenenza. Queste barriere hanno un impatto negativo anche sul Paese di accoglienza, perché non agevolano una persona, che potrebbe rivelarsi una vera risorsa, produttiva e contributiva. Lo straniero sfiduciato finisce per intraprendere le strade della malavita o per lasciare il Paese.Attraverso l’arte, gli incontri sociali e culturali e i servizi di volontariato, Tôchi Bellezza cerca di scardinare simili pregiudizi. In che modo? Cercando di instaurare un rapporto di fiducia reciproca e cooperazione. Nel tempo, questo “capitale sociale”, se ottenuto, contribuisce al funzionamento complessivo della comunità, diventa un luogo in cui le persone si sentono supportate nei loro obiettivi quotidiani, perché possono contare su una rete sociale, fatte di altre persone, relazioni e legami. Nella nostra associazione accogliamo studenti, lavoratori, persone di ogni ceto sociale e lavoriamo per trovare soluzioni ai problemi che possono incontrare strada facendo, come quelli legati ad un eventuale affitto o all’acquisizione del permesso di soggiorno e della cittadinanza».
Dove vi riunite di solito?
«All’Almagià e anche nella sede di CittAttiva, in via Giosuè Carducci».
I vostri desideri per il futuro?
«Vorremmo un futuro senza razzismo. Tutti noi, dai più anziani ai bambini, siamo parte indispensabile affinché questo processo si realizzi. Le generazioni più grandi devono abbandonare le loro ideologie fatte di preconcetti, che rallentano il progresso del Paese, ovvero, ad esempio, che tutti gli immigrati sono criminali, che non ci si deve fidare di loro, che ci portano via il lavoro. Il desiderio di “connessione” fa parte di ogni essere umano, ma se le persone continuano a costruire relazioni solo con coloro che fanno parte della loro cerchia sociale e culturale, allora non arriveremo mai ad una società pienamente integrata. E i giovani da soli non possono farcela, perché “assorbono” le idee dei genitori e di chi gli sta vicino accanto. Abbiamo bisogno del loro supporto per essere incoraggiati ad intraprendere nuove direzioni, proprio come loro hanno bisogno del nostro per aprirsi ad una nuova mentalità.
Dobbiamo guardare al futuro con creatività e fiducia e smetterla di vivere secondo gli ideali che sono stati progettati dalle generazioni prima di noi. Purtroppo viviamo ancora in una società in cui manca “un sistema”, che permetta ai ragazzi di liberare la loro creatività e di avere maggiori possibilità, legate anche al mondo lavorativo. Per come la vedo io, molti di noi sono “artisti sepolti”. È un trauma che ci portiamo dietro, volevamo fare qualcosa di bello e artistico con le nostre vite, ma i nostri genitori e nonni ci hanno lasciato un sistema neoliberista che rende impossibile vivere a meno che non ci si occupi di scienza, tecnologia, ingegneria o medicina. Sì, ci sono anche queste materie, ma sembra quasi che siano diventate le uniche per poter fare carriera. Con un costo della vita molto più alto rispetto a quello delle nostre famiglie, dove hippe e musicisti riuscivano a vivere grazie ad una rete allargata di benessere sociale, oggi dedicarsi e vivere di arte è diventato un lusso per pochi. Tôchi Bellezza vuole cambiare questi pensieri. Vogliamo costruire un mondo in cui le persone siano incoraggiate a seguire i propri sogni e in cui il razzismo e altre forme di discriminazione non costituiscano un ostacolo. Dove non è facile, ma almeno è possibile, guadagnarsi da vivere facendo arte. L’arte non è una competizione, è un’espressione profonda di ciò che sta dentro ognuno di noi, A seconda della tua cultura, potresti anche definirla la tua anima, le tue emozioni, i tuoi sentimenti, il tuo cuore. Tutti coloro che sono creativi devono essere incoraggiati ad esserlo, perché non conta solo “il prodotto” fine a stesso, come la società ci lascia credere. Ci sarebbe molta meno violenza nel mondo, se creassimo una società basata sull’autentica espressione di se stessa. La nostra economia, invece, continua ad apprezzare solo la tecnologia scientifica. Nella tradizione indiana per tecnologia si intende anche strumenti utilizzati per la crescita spirituale. In occidente, invece, ci si riferisce solo a qualcosa di asettico, privo di significato personale. La tecnologia ha reso le nostre vite più comode, ma non più piacevoli. Ricordiamoci che senza le arti e le discipline umanistiche, una grande mente come Steve Jobs non avrebbe mai progettato la Apple, Einstein non avrebbe scritto la sua dissertazione sulla relatività con tanta poesia e stile».