Tiziano Fratus a Ravenna: «Conoscere le foreste ha ridefinito il mio tempo e il mio rapporto col mondo»

Tiziano Fratus è un appassionato “cercatore di alberi“, un’attività, questa, che l’ha portato a sviluppare i concetti di Homo Radix e alberografia. Da questa passione, esperienza e profonda attività di ricerca sono nati i suoi primi libri, le sue prime mostre fotografiche e anche itinerari disegnati in varie città e Regioni, oltre alla rubrica “Il cercatore d’alberiW sul quotidiano La Stampa. Manuale del perfetto cercatore d’alberi (Feltrinelli), Il sussurro degli alberi (Ediciclo), l’illustrato per bambini Ci vuole un albero (Araba Fenice), e Il bosco è un mondo. Alberi e boschi da salvaguardare in Italia (Einaudi) sono alcune delle opere di Tiziano Fratus. Ampia è anche la sua produzione in versi, con traduzioni in otto lingue. Fra le altre attività, Fratus conduce anche passeggiate alla scoperta dei grandi alberi, come Il tessitore di foreste, camminata poetica, in programma sabato 26 marzo, nell’ambito della rassegna Territori Comuni dell’assessorato all’Immigrazione del Comune di Ravenna. In questa occasione, i partecipanti si addentreranno insieme al poeta nella Pineta San Vitale, per vivere un’esperienza comunitaria in ambienti naturali e in luoghi di transizione, fra la dimensione abitativa e ordinaria umana e ambienti agresti e boschivi. Al cammino e all’osservazione degli elementi naturali, si intrecceranno momenti di meditazione, ascolto, ispirazione, scrittura e lettura.

Tiziano Fratus

Alle 17:30, Tiziano Fratus sarà poi ospite alla Biblioteca Classense per l’incontro Radico Ergo Sum: sono poiché radico (ci si iscrive qui) dove racconterà del sentimento chiamato dendro-sofia, da dendron (albero) e sophia (conoscenza, esperienza, saggezza). Attraversare le selve e scriverne è diventato, infatti, per Fratus il modo di abitare il tempo, di transitare da una stagione all’altra.
Perché secondo lei è utile e saggio imparare a distinguere un frassino da un larice, una magnolia da un platano?
«Perché il tempo che abbiamo a disposizione è lo stesso sia che impariamo sia che restiamo ignoranti. Dio o il destino o il caso ci hanno messo su questo pianeta, sta a noi decidere se approfondire le nostre conoscenze o non farlo”».
Oggi assistiamo, in molti ambiti, a un riavvicinamento alla natura da parte delle persone: che ruolo gioca la conoscenza e la consapevolezza dell’esistenza degli alberi in questo riappropriarsi dello spazio naturale?
«Tante persone non se ne sono mai allontanate. Ovviamente la società che abitava l’Italia e l’Europa era tradizionalmente legata alla terra per necessità e mancanze di alternative. La rivoluzione industriale ha innescato un meccanismo di rivolta sociale e di ampliamento dei diritti e delle opportunità, una minima ridistribuzione delle risorse che ha rotto i legami che le monarchie avevano imposto per secoli. Così la gente ha lasciato la campagna e la terra e si è raccolta nelle città, ha iniziato a istruirsi maggiormente e siamo arrivati nella nostra modernità. Le città sono cresciute e i villaggi sono diventati più grandi. Tutto qui. Noi oggi, orfani delle grandi ideologie politiche e sociali, torniamo alla terra perché è l’unica visione concreta del mondo che ci resta».
Chi è il perfetto cercatore di alberi?
«Un curioso, un camminatore, un esploratore».
Lei parla di un vero effetto psicologico, in senso benefico, dello stare immersi nei boschi, a contatto con gli alberi. Scrive, nel Manuale del perfetto cercatore di alberi, come nei boschi “inizi a discernere, razionalmente, quanto in te, nel tuo turbinio di pensieri, sia frutto di disgrazie e quanto di scelte consapevoli condotte fino alle (eventuali) estreme conseguenze”. Secondo la sua esperienza, questo effetto è qualcosa di immediato o arriva con il tempo, come avviene un po’ per ogni percorso terapeutico?
«Ogni persona segue un sentiero, persegue una meta, rinforza una crescita personale. Per me conoscere le foreste, incontrare gli alberi patriarca, praticare una meditazione silvatica e agreste è stato essenziale, prezioso. Ha ridefinito il mio tempo e il mio rapporto con il resto del mondo e mi ha aperto le porte del buddismo. Ma ciascuno ovviamente segue il proprio passo. La natura è il ventre naturale al quale molti di noi possono tornare in vita, prima di ritornarci necessariamente al termine di questa attuale esistenza».
Tra i vari concetti che ha coniato c’è quello di donna/uomo radice. Ce lo racconta?
«L’Homo radix – o la Phoemina radix – è un individuo che riscopre se stesso in natura. Capisce che la sua identità è parte del mondo là fuori, e non staccata, scissa, alimentata soltanto da bisogno di competizione e vanità».
In che relazione stanno la poesia, da un lato e la tua nuova identità ricercata nel profondo contatto con la natura e gli alberi, dall’altro?
«Fanno parte dello stesso respirare, dell’affrontare le prove della vita. Le poesie nascono dall’esperienza e dal laborio della scrittura che a sua volta si rafforzano e rinnovano grazie al percorso spirituale che stai piano piano approntando».
Nella sua ricerca, tra alberografia (la mappatura delle specie arboree di un territorio) e dendrosofia (quella branca del sapere che mette insieme tutte le conoscenze riguardanti gli alberi), c’è un albero o ci sono una serie di alberi a cui è più grato?
«Tutti. Certamente le sequoie, per la loro magnificenza e vastità sono stati catalizzatori speciali, ne ho scritto tanto ed in particolare in Giona delle sequoie (Bompiani). Ma tutti gli alberi continuano a far parte del mio piccolo sangha mobile e itinerante, sono i miei fratelli, le mie sorelle, i miei padri e le mie madri».
L’Emilia-Romagna è da lei indicata come una delle Regioni più virtuose in materia di segnalazione degli alberi monumentali. In ogni caso, come li si identifica e quale tipo di conoscenza possiamo trarne?
«Dimensione, età, e talora cartelli segnaletici predisposti dalla Regione o dal Ministero. Non si tratta di conoscenza, semmai di esperienza. Di ammirazione e contemplazione».
Il 26 marzo è in programma Il tessitore di foreste, una camminata poetica e meditativa in sua compagnia. Perché sarebbe bello partecipare?
«Perché mediteremo, cammineremo, ascolteremo, saremo uomini a contatto con la natura che ci è consegnata, in questa occasione, e poi saremo insieme. Disegneremo, anzi tesseremo tante foreste».