Cosa sta succedendo da qualche mese ai confini nord-est dell’Unione Europea?
Dal giugno 2021 migliaia di persone provenienti principalmente da Iraq, Siria, Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo e Camerun hanno cercando di giungere in Europa attraverso la Bielorussia, paese che aveva agevolato i flussi migratori verso occidente.
Le vicine Polonia e Lituania hanno invece costruito vere e proprie cortine, pattugliate da personale alla frontiera, con 15.000 militari schierati soltanto in Polonia, e dichiarato lo stato di emergenza delle zone di frontiera, con conseguente limitazione della circolazione delle persone e dell’intervento delle organizzazioni umanitarie indipendenti.
Circa 2.000 persone sono state bloccate per mesi ai confini tra Polonia e Bielorussia, ammassate in campi accoglienza improvvisati senza luce, acqua, riscaldamento e accesso a cure mediche. Non vi è stata alcuna eccezione per bambini, donne, anziani, persone vulnerabili e malati. Di tutte queste persone non è stato possibile dunque neppure procedere ad un formale censimento. Il dato certo è la provenienza della maggior parte di queste persone: territori dove insistono conflitti, violenza, povertà, privazione e/o limitazione dei diritti umani. Aggirando il principio di non refoulement dettato dalla Convenzione di Ginevra (art. 33) e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art. 3), la Lituania prima – agosto 2021 – e la Polonia successivamente – ottobre 2021- hanno riformato il proprio ordinamento prevedendo la possibilità di respingimento alla frontiera dei richiedenti asilo e rifugiati senza consentire loro di accedere all’iter della domanda di protezione internazionale in Unione Europea, abbandonandoli a se stessi, in un contesto di violenza indiscriminata di condizioni climatiche difficili.
Medici Senza Frontiere è stata presente nelle aree adibite ad accoglienza spontaneamente createsi nei luoghi di frontiera in Lituania, senza poter tuttavia accedere alla zona di frontiera cd. ristretta di alcuno dei tre paesi ed ha ricevuto numerose segnalazioni di violenze fisiche e psicologiche, sottrazione e distruzione di beni ed intimidazioni perpetrate dalle Autorità nazionali.
Tutto questo è accaduto e accade ai confini dell’Unione Europea.
I primi di gennaio 2022 Medici Senza Frontiere ha dovuto abbandonare i confini tra Polonia e Bielorussia dal momento che le Autorità non hanno consentito loro di fornire assistenza alle persone, potendo predisporre un ritorno del proprio personale soltanto nei primi di marzo 2022, dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina. La limitazione e l’assenza di organizzazioni umanitarie indipendenti in grado di fornire sostegno e assistenza alle persone in quelle aree ha pesato certamente sulle condizioni dei migranti bloccati.
Adulti e minori hanno vissuto e stanno vivendo in una sorta di limbo, ai confini tra i tre paesi spesso nascosti in Bielorussia e nelle foreste della Polonia, totalmente privi di alcun mezzo di sostentamento e di assistenza medico-sanitaria oltre che legale, nel timore di essere mandati con la forza in Bielorussia e di essere in ogni caso rimpatriati nei paesi d’origine. Nell’ultimo mese del 2021 sono state stimate 4.000 persone coercitivamente rimandate dapprima in Bielorussia dalla Polonia e successivamente rimpatriate in Iraq e Siria, in condizioni di rientro nel paese d’origine sconosciute e sono state accertate 21 vittime, la cui colpa è stata aver tentato di entrare in Unione Europea per domandare asilo.
Se da un lato la linea portata avanti dal Presidente bielorusso Lukashenko nel 2021 poteva apparire dettata da una politica vicina ai migranti ed ai rifugiati, va tuttavia sottolineato come la Bielorussia si sia dedicata a pesanti rimpatri di rifugiati e di persone provenienti da contesti di guerra. Il lasciapassare di migranti verso i confini di Polonia e Lituania è avvenuto senza alcuna assistenza medica, legale ed economica. Gli scenari al confine nord-est dell’Unione Europea sono destinati e rimodellarsi velocemente giacché, come riporta Unhcr, il recente conflitto in Ucraina ha già fatto registrare due milioni di persone in fuga verso i paesi limitrofi e verso i paesi tutti dell’Unione Europea.
«I neri non sono ammessi»: questo ripetono gli studenti originari della Nigeria, Somalia, Guinea, Ghana nelle testimonianze raccolte da Rethinking Refugees, da Lighthouse Report, da Equinox: Initiative for Racial Justice e dall’Unione Africana senza trattamenti diversificati per famiglie né minori. Quanto tempo ancora dovremo assistere a questa inaccettabile violazione del diritto d’asilo e violenza ai confini dell’Europa? Quanto tempo ancora dovremo sentir parlare di rifugiati di prima categoria e rifugiati meno rifugiati di altri?