Per sgombrare il campo dagli equivoci, la protezione speciale esiste ancora e non è stata abolita, come invece da più parti si è erroneamente detto, dal decreto legge 20/2023, poi convertito nella legge 50/2023. Parte da qui, l’avvocata Valeria Perini, socia membra dell’Asgi e da sempre alle prese con il diritto dell’immigrazione, per raccontare ciò che sta succedendo dopo che, “sfruttando” il nome della tragedia di Cutro, la normativa migratoria, nel nostro Paese, è stata modificata in senso restrittivo.
Avvocata, che cosa le riportano, le persone migranti che segue, sul tema della protezione speciale?
«Arrivano costantemente persone sgomente e piene di domande. La protezione speciale, nonostante la confusione, esiste ancora e gode di ottima salute. La modifica più importante che riguarda il momento presente è il fatto che, rispetto a prima, non può più essere chiesta direttamente alla Questura ma può solo essere uno degli esiti della richiesta asilo. Nella sostanza, però, pur venendo a mancare il canale questorile, le cose non cambiano perché la protezione speciale si inserisce ancora nel grande contenitore della protezione complementare, dove si tiene conto della vulnerabilità della persona, dei suoi legami familiari o del suo percorso di integrazione. Tutte le questioni, insomma, che prima venivano considerate nella protezione umanitaria ora vengono considerate nella protezione speciale».
Ci fa qualche esempio?
«Ho seguito un ragazzo senegalese che era arrivato in Italia e si era inserito in un percorso teatrale di Ravenna Festival, anche perché ha un familiare in quel settore. Non aveva lavorato per molto tempo ma, dimostrando i suoi legami e il suo inserimento nel contesto, è riuscito a farsi riconoscere la protezione speciale».Adesso che siamo in regime transitorio, come stanno andando le cose?«Nonostante la resistenza di alcune Questure, la legge dice (e alcuni Tribunali lo stanno ribadendo), che se la richiesta di protezione è stata presentata prima del 20/2023, il permesso per protezione speciale deve essere convertito in permesso per lavoro. Per liberare il campo dai dubbi i giudici, a Bologna, in sede di rilascio della la protezione speciale scrivono nero su bianco che è convertibile in lavoro. Vorrei anche ribadire il fatto che con la ricevuta della richiesta di protezione speciale presentata in Questura si può essere iscritti all’Anagrafe, si può avere un codice fiscale, si può lavorare. Il Tribunale di Bologna, su questo tema, si è pronunciato in modo granitico».
Non è preoccupata di quel che sarà dei permessi per protezione speciale rilasciati come esito di richieste asilo successive al 5 maggio 2023?
«Non lo sono particolarmente, anche perché i permessi per protezione speciale che non ricadono nel regime transitorio saranno comunque rinnovabili una volta. Nel frattempo potrà cadere il Governo e potrà passare una nuova legge sull’immigrazione. Sono situazioni che vedremo tra anni, non certo ora. Non credo nemmeno che il futuro così incerto della protezione speciale possa agire da deterrente rispetto alle richieste asilo: chi non ha altre strade, tenterà comunque questa. Peccato solo che il canale questorile sia stato eliminato, perché permetteva di togliere di mezzo molte domande pretestuose. Chi sa di non avere i requisiti per ottenere l’asilo ma di averli per ottenere la speciale, deve comunque passare per la richiesta di protezione internazionale».