Dal 30 maggio al 2 giugno Lido Adriano si anima di atmosfere fiabesche e i protagonisti saranno loro, 96 attori non professionisti con un’età compresa tra i 5 e gli 80 anni, che metteranno in scena PACHATANTRA, una favola antichissima di origine indiana. Lo spettacolo si terrà presso il CISIM di Lido Adriano, una spazio dove dal 2010 è nata un’evoluzione di tipo artistico-culturale e polivalente, che ha visto la nascita di vari laboratori, concerti, spettacoli teatrali, presentazioni di documentari e mostre, a cui partecipano ospiti di fama internazionale. «A Lido Adriano si parlano oltre 50 lingue differenti e mi è sembrato interessante dare vita a eventi multiculturali in un posto che prima era una scuola di mosaico» spiega Lanfranco Vicari, direttore artistico di CISIM. «E’ un progetto che nasce dal basso, dalla voglia di conoscersi, stare insieme, condividere, si può dire una spinta del popolo che ha preso vita. Io non ho accolto nessuno, sono le persone che hanno iniziato a frequentare questo posto che hanno accolto me» sostiene Vicari.
E’ la prima volta che PACHATANTRA viene raffigurato in Italia dopo essere stato tramandato e tradotto nei secoli in tante lingue differenti come il sanscrito, il persiano, l’arabo, il latino. Anche La Fontaine e il Boccaccio hanno tratto ispirazione da questa raccolta.
La favola scelta per questa rappresentazione è una parodia politica sul fascino del potere e narra la storia di due fratelli Sciacalli di cui uno vuole raggiungere la fama e sfruttare un muggito di un Toro per ingraziarsi il re che è rappresentato da un Leone. Seguiranno una serie d’intrighi che porteranno all’uccisione del Toro dal parte del Leone.
«Il finale è aperto – racconta Tahar Lamri, sceneggiatore dello spettacolo – a libera interpretazione dello spettatore, con l’intenzione di denunciare la violenza e di lanciare il messaggio che, nonostante ci possano essere idee diverse, si può arrivare a un punto d’accordo comune. La figura dell’immigrato trapela attraverso il muggito del Toro, che è la paura di quello che non si conosce e viene rappresentato da un gruppo di bambini e adulti. E’ come il bar-bar caro alla cultura greca e i barbari con cui si definivano le persone non elleniche, ma nel tempo ci si abitua anche ai muggiti di altre lingue.» La peculiarità di Panchatantra è che, guardando lo spettacolo dall’esterno, si alternano canti e recitazioni nella lingua originale degli attori fino al raggiungimento di una sinfonia linguistica unanime. Un Oriente messo in scena in Italia da persone non orientali. «E’ stato come rappresentare una parte di me stesso e della mia origine (Algeria), infatti devo dire che per me ormai l’italiano è un luogo dell’abitare, le mie identità distinte convivono assieme » sostiene Lamri.
«E’ uno spettacolo dove dentro ci sono tante musiche, identità, lingue e dialetti diversi come il marocchino, l’arabo, frammenti di dialetti africani, l’ucraino, il napoletano e il siciliano, solo per citarne alcuni», dice Luigi Dadina, regista dello spettacolo. Animali che incarnano vizi e virtù umane come una sorta di bestiario dove gli uomini che compiono le cattive azioni possono anche pentirsi del male fatto. «Il Leone dopo che ha ucciso il Toro si mette a piangere, prosegue Dadina,«quindi rappresentiamo un’umanità che conserva la possibilità di pentirsi e redimersi.»
Panchatantra è una rappresentazione che vede coinvolti anche ragazzi stranieri della Cooperativa Sociale Teranga: «Considero la pratica del teatro un’esercitazione che mette tutti sullo stesso livello, indipendentemente dall’origine e dalla cultura. E’ un modo per confrontarsi, un’esperienza formativa che portiamo avanti perché crea fiducia, coesione e i ragazzi sono contenti, si sentono presi in considerazione spiega Federica Savorelli, direttrice di un’area della Cooperativa. «Abbiamo imparato tanto da questa esperienza del teatro» prosegue Elisabetta Carlini che in Teranga si occupa della parte legale. Elisabetta è dentro lo spettacolo e spiega la soddisfazione che nasce dal riuscire a dare emozioni agli altri.
«Per me è stato come leggere un libro intero. E per quanto riguarda i ragazzi, anche solo il tragitto che compio nell’accompagnarli alle prove e vederli così entusiasti è un momento di gratificazione importante.»
In questa cornice sociale Panchatantra ha sviluppato un valore aggiunto rispetto agli altri spettacoli: è libertà d’espressione, uscita dagli schemi convenzionali, la possibilità di raccontarsi, esprimersi nella lingua nativa o acquisita, al di là del proprio vissuto personale nella fiaba che viviamo tutti i giorni e che è la nostra vita.