Omar Neffati: «Italiani senza cittadinanza, la mia battaglia per un milione e mezzo di giovani»

«C’è qualcosa che non va». Nove anni fa, al compimento della maggiore età, Omar Neffati ha iniziato a prendere consapevolezza che ci fosse, nella sua vita, una contraddizione insopportabile. Arrivato in Italia all’età di sei mesi dalla Tunisia, non si era accorto, prima di allora, di non essere considerato italiano dalla legge. Omar, che oggi si anni ne ha 27 anni ed è il portavoce del Movimento italiani senza cittadinanza, nonché protagonista della campagna Obiettivo Cittadinanza, è in questi giorni al Festival della Partecipazione di Bologna a portare avanti le istanze di quelli come lui.

«Un volta diventato maggiorenne, costretto ad andare in Questura per rinnovare il mio permesso di soggiorno – ci racconta Omar – mi sono davvero accorto di essere diverso dai miei amici e compagni, con i quali avevo condiviso tutta la mia vita fin lì e il mio percorso scolastico. Anche gli altri si stupivano: “Ma come non sei italiano?”. Ero sempre stato in Italia, perché avrei dovuto iniziare un iter per dimostrarlo?».

Omar Neffati

A fare arrabbiare di più Omar, oggi, è il fatto di non poter votare: «A Viterbo, la mia città, domani c’è il ballottaggio per l’elezione del sindaco. Come ha detto uno dei due candidati, “solo chi vota, conta”. Ecco, io non conto. Sono nel limbo per l’ottenimento della cittadinanza, un periodo di tempo indefinito, che sai quando inizia ma non sai quando finisce, perché è nelle mani della discrezionalità di terzi, in questo caso della Prefettura».

Omar sa riderci anche sopra: «La cosa paradossale è che mia sorella, nata in Italia, la cittadinanza l’ha avuta. La burocrazia sa davvero essere discriminatoria, a volte. Per fortuna riusciamo a sdrammatizzare, a me tutto questo ricorda Troisi in “Pensavo fosse amore, invece era un calesse”. Io continuo a impegnarmi, la battaglia per la cittadinanza è a tutti gli effetti una battaglia politica che prima o poi, voglio essere ottimista, dovrà essere vinta. Perché nonostante una legge vecchia trent’anni, che è senza infamia e senza lode, le cose cambiano, si evolvono e il vento con le mani non lo puoi fermare. Prima o poi, ci auguriamo in un tempo ragionevole, quella legge dovrà essere aggiornata».

Omar è in contatto con tantissimi ragazzi e ragazze nella sua situazione: «In Italia, come me, ci sono un milione e mezzo di giovani. Un dato impressionante. In loro vedo sofferenza, certo, ma anche tanta voglia di combattere per i propri diritti. Davanti a una ingiustizia non ci si arrende mai».