Odion, il bus di Mestre e la vita che ti chiama. La sua ex insegnante: «Al Cas di Porto Fuori sempre impegnato e lanciato in avanti»

Quando Carla Pithon, ex insegnante di italiano per stranieri, ha letto che il “suo” Odion Eboigbe è stato uno dei soccorritori volontari nell’incidente del bus precipitato dal viadotto della Vempa, a Mestre, il 3 ottobre, non ha potuto fare altro che riconoscerlo: «Quando era accolto nel Cas di Porto Fuori della cooperativa sociale Aurora, dove lavoravo, non si tirava mai indietro. Volenteroso, disponibile, sempre lanciato in avanti. Ci siamo subito sentiti, mi ha raccontato di essersi precipitato a dare una mano, che nemmeno quella volta poteva stare fermo».

Carla lo ricorda come un ragazzo estremamente impegnato e convinto che, per il suo percorso di integrazione in Italia, fosse necessario studiare com costanza l’italiano ma anche partecipare alle tante attività che gli venivano proposte, dal teatro (Odion ha preso parte all’Inferno delle Albe) ai tirocini per l’inserimento lavorativo: «Con lui lavorare dava continue soddisfazioni, perché rispondeva a ogni stimolo con slancio, anche quando iniziò a fare il cameriere alla Trattoria Cubana, al mare, pur sapendo che magari quello non sarebbe stato il suo lavoro».

E Odion, che abbiamo raggiunto telefonicamente a Mestre, oggi lo conferma: «Mi dispiace vedere come oggi nei Cas non ci siano più le risorse che sono state date a me. Per me è stato fondamentale ogni opportunità, soprattutto il supporto per l’apprendimento della lingua». Una lingua, l’italiano, che l’operaio nigeriano, 26 anni, parla in effetti molto bene: «Ero a casa, martedì, stavo cucinando quando io e miei coinquilini Boubacar e Godstime abbiamo sentito un forte boato, sembrava un terremoto. Dalla finestra tra abbiamo visto il disastro e siamo corsi sul posto. Siamo riusciti a tirare fuori dal pullman una bambina, una donna, un ragazzo. Avremmo voluto fare di più ma le fiamme che poco dopo sono divampate ci hanno impedito di continuare. In quel momento ho pensato che salvare quelle vite valesse di più che rischiare la mia. Poi mi sono ritrovato tra i giornalisti, anche se non penso di avere fatto nulla di speciale. Bisognava correre li, non ci ho pensato due volte. Adesso, mi piacerebbe avere notizie dei sopravvissuti».

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