Che cosa accomuna tredici donne che provengono da otto zone geografiche diverse? C’è una risposta semplice a questa domanda: la passione per la musica. Il loro nome, Almar’à, significa «donna con dignità” e insieme formano l’orchestra sinfonica di donne arabe e del Mediterraneo. Si esibiranno in un concerto gratuito mercoledì 23 marzo alle 21,30 al Teatro Socjale di Piangipane, all’interno della rassegna Territori Comuni (ci si iscrive qui).
«L’idea che ha portato alla formazione del gruppo nel 2017 ha vinto il bando Migrarti promosso dal Ministero della Cultura e da lì è stata una crescita continua», spiega Maurizio Busìa, responsabile del progetto. L’orchestra è composta da musiciste professioniste e da donne che suonano e cantano per passione. «Non è facile conciliare la necessità di fare le prove con artiste che hanno vite differenti e vivono anche in paesi diversi ma dentro Almar’à, come ha dimostrato anche l’ultimo incontro a Roma, si respira un clima di grande energia positiva: ci sono sia la voglia di stare insieme che il desiderio di esibirsi in pubblico».
Il gruppo suona musica araba, classica, jazz e tradizionale, a seconda dei paesi di provenienza, con strumenti sia orientali che occidentali: «E’ un mix polifonico che celebra l’integrazione con il mantenimento delle proprie origini», racconta Nadia Emam di Empoli, nata in Italia da mamma italiana e papà egiziano. Canta in italiano, algerino, inglese, tunisino ed egiziano.
«Un bel modo per promuovere la diversità e fare conoscere panorami musicali differenti», continua Nadia, che ha conosciuto il gruppo rispondendo a un annuncio dove si cercavano cantanti con la doppia nazionalità italo/araba. «Non pensavo che sarei diventata parte di un orchestra di queste dimensioni e avrei collaborato con tante artiste di provenienza così eterogenea che suonano e cantano tutte assieme».
Almar’à oltrepassa pregiudizi e stereotipi culturali importanti, come quelli legati al mondo arabo, dove la donna spesso viene associata a una condizione d’inferiorità rispetto all’uomo: «Quando canto mi sento libera d’ esprimermi per quella che sono e questa è la cosa più bella che succede se sei dentro a un gruppo multietnico come quello di Almar’à. Fin da bambina i miei genitori mi hanno sempre incoraggiata a coltivare la passione per la musica, a fare quello che mi piaceva. Da piccola ho vissuto anche in Egitto, è la mia seconda casa, lì sono le mie origini e non ho mai perso il collegamento con il mio paese, anche se vivo in Italia e mi considero italiana».
Nadia racconta come suonare in Almar’à sia un’esperienza completa, che arricchisce a livello umano, culturale e professionale. Un crogiolo di lingue, provenienze e religioni differenti che trovano nella musica un vero e proprio punto d’incontro: «Sono nate delle belle relazioni che si rafforzano di giorno in giorno. C’è il desiderio di vedersi e condividere esperienze, anche dopo le prove, per esempio cenando assieme».
Almar’à supera il concetto tradizionale di fare musica e, dal punto di vista artistico, porta nel nostro paese una vera e propria innovazione per quanto riguarda la modalità di concepire un’orchestra. Si può unire una lingua a una moltitudine di altre lingue che convivono assieme e vanno verso un’unica direzione, quella dell’integrazione.