La siccità nel Sahel e le migrazioni causate dalle crisi climatiche

Cambia il clima, gli esperti lo annunciano da decenni e quest’anno con sempre maggiore allarme. Gli studi sono confermati dai fatti e l’Europa se ne sta accorgendo sensibilmente: i Paesi dell’Europa che si affacciano sull’Atlantico tra maggio e giugno hanno registrato climi e temperature estive da Mar Mediterraneo mentre i Paesi bagnati dal Mediterraneo stanno conoscendo una siccità che non ha ricordi negli ultimi 60 anni.

Il cambiamento climatico in atto, che sta rendendo sostanzialmente invivibili all’essere umano alcune parti del pianeta che prima erano abitate – anche densamente – chiede di mettere in predicato tanti aspetti del quotidiano, dall’utilizzo delle risorse a disposizione alla conversione di fonti di energia alternativa, sino alla riformulazione del concetto di “benessere diffuso”, e porta con sé una necessaria conseguenza: un naturale processo migratorio.

I mutamenti climatici stanno avendo pesantissime ripercussioni soprattutto per i Paesi del centro Africa, già colpiti da decennali problemi politici, conflitti sociali, etnici e religiosi, violenza diffusa oltre che problematiche sanitarie.

Il report dell’OCHA (UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) del 27 giugno 2022 offre una overview sulla crisi che nel complesso sta vivendo la regione del Sahel in centro Africa, dove si stima che oltre 30 milioni di persone necessiteranno di assistenza entro la fine del 2022.

Il Sahel è la macro regione che si estende dall’Oceano Atlantico al Mar Rosso, immediatamente a sud del deserto del Sahara per circa 2,5 milioni di km quadrati, fra i paralleli di 12° e 18° N e che ricomprende Senegal, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Ciad, Camerun, Sudan, Etiopia ed Eritrea, ed anche Somalia e Kenya, accumunate da simili condizioni ambientali.

Con il rapido aggravarsi della crisi nel Sahel, le esigenze umanitarie della stanno raggiungendo livelli senza precedenti.

Il principale motore di questa grave crisi? La siccità come fenomeno stabile, non più come evento eccezionale.

Nel ventennio 1970-1990, l’incremento demografico è stato un elemento che ha reso più drammatici gli effetti delle crisi idriche che iniziavano a susseguirsi. Ciononostante la popolazione saheliana continua tutt’ora la sua inarrestabile crescita con un incremento di circa 2 milioni tra il 2021 e il 2022.

Il cambiamento climatico nel Sahel non è certo una urgenza nuova, tant’è vero che nel 1973 si era già costituito il Comitato Interstatale per la Lotta contro la Siccità nel Sahel (CILSS) che dovrebbe mirare a fronteggiare l’emergenza con interventi sovranazionali coordinati; tuttavia la rapidità con cui sta evolvendo il cambiamento climatico sommata ai problemi endemici dell’area, la rendono oggi a rischio della più grande crisi umanitaria della storia.

Il report del Famine Early Warning System Network statunitense dell’08 luglio 2022 riporta che le scarse precipitazioni nel periodo marzo-maggio 2022 continuano a mantenere arida l’intera area ed evidenzia una allarmante, anomala, acuta e persistente siccità in alcune parti dell’Africa orientale (Etiopia centro-orientale, confine Kenya/Etiopia, Kenya meridionale e Somalia). L’area è colpita dalla quarta pesante siccità consecutiva e quest’ultima ha costituito la più pesante degli ultimi 70 anni. Sono morti 7 milioni di capi di bestiame e sono peggiorate le prospettive di sicurezza alimentare per un numero di persone che varia dai 18.4 ai 19.3 milioni di persone, con alti livelli di malnutrizione. In Etiopia, Somalia e Kenya si stimano 6.5 milioni di bambini a rischio di malnutrizione acuta.

Le conseguenze di queste siccità sono evidenti sulle colture, sulla qualità della vita delle persone e sulla necessità, per chi riesce, di spostarsi alla ricerca di migliori prospettive di vita.

Non sono da meno il Sud Sudan centrale ed il Mali centrale, ove si registra una grave ed anomala siccità a partire dal mese di maggio 2022.

L’impatto della siccità nell’area del Sahel è estremo: la principale attività economica nelle aree steppiche settentrionali è costituita dall’allevamento, in forma nomade o seminomade mentre nelle aree meridionali, caratterizzate da savana arborata, la principale fonte di sostentamento per la popolazione è costituita dalla cerealicoltura (principalmente di sorgo e miglio). Proprio in queste aree erano già iniziate a confluire dal nord le prime vittime delle siccità a partire dagli anni ’70. Il Sahel ha dunque già conosciuto importanti migrazioni interne (da nord a sud), che ora, a causa del cambiamento climatico, sembra non offrire più alternative ai suoi abitanti.

In aggiunta, i singoli Paesi dell’area si trovano da decenni a fronteggiare gravi problematiche, sicuramente di maggiore impatto politico interno: la situazione nell’area è sempre più connotata da conflitti armati, violenze generalizzate, vulnerabilità sociali croniche e conseguente povertà, diffusa al punto da essere ormai diventata endemica. Sono a rischio di sopravvivenza oltre 30 milioni di persone, in maggioranza donne e bambini.

Una drammatica crisi alimentare sta devastando le zone colpite dai conflitti, mentre la già precaria situazione nutrizionale sta ulteriormente deteriorando e l’accesso ai mezzi di sussistenza e ai servizi sociali di base è ostacolato. La fragilità delle istituzioni, la scarsa governance e la complessa integrazione regionale tra diverse etnie limitano gli scambi commerciali e incidono negativamente sulla libera circolazione delle persone e delle merci.

Mancano interventi strutturati e coordinati da parte delle istituzioni dei Paesi, sebbene alcuni di questi (Burkina Faso, nord Camerun, Ciad, Mali, Niger e nord est Nigeria) abbiamo stanziato importanti somme per il 2022 pari a complessivi 3.8 miliardi di dollari. Sarà importante verificare in che modo verranno allocate queste risorse.

I conflitti armati continuano ad essere una delle principali criticità dal Sahel centrale al bacino del lago Ciad. Dal 2015, il numero di incidenti di sicurezza nel Sahel centrale è aumentato di 18 volte, con un numero di vittime che è aumentato di oltre 12 volte.

Tale violenza ha molteplici effetti a cascata che colpiscono la vita di milioni di persone, causando gravi necessità umanitarie e danni ingenti ai meccanismi di protezione locale esistenti oltre che alle infrastrutture socioeconomiche, ostacolando l’accesso alla sanità, all’istruzione e all’acqua, ai servizi igienico-sanitari, nonché al reperimento di documenti civili e di alloggi, minando i diritti fondiari e di proprietà nonché privando le comunità colpite di servizi e terreni vitali.

Si registra altresì un aumento delle violazioni dei diritti umani, della violenza di genere e degli abusi sessuali.

La situazione complessiva del Sahel ha già allontanato più di 6,3 milioni di persone dalle proprie case e nel solo Sahel centrale gli sfollati interni a fine maggio 2022 ammontano a 2.4 milioni, di cui più della metà donne e bambini.

É importante evidenziare che il Sahel centrale è una regione caratterizzata da migrazioni miste con grandi popolazioni di rifugiati, che creano un ambiente di protezione complesso. Ad esempio, oltre ai 370.548 sfollati interni del Mali alla fine di aprile 2022, il Paese ospitava circa 13.000 rifugiati provenienti dal Niger e oltre 17.000 provenienti dal Burkina Faso, Paese col più alto tasso di fuoriuscita.

Il lago Ciad, preziosissima fonte idrica interna, già oggetto di incontrollato sfruttamento da parte dei governi dei Paesi limitrofi, costituisce obiettivo di migrazione di un rilevante numero di persone da tutti i Paesi del centro Africa. A fine di maggio 2022, i Paesi del bacino del lago Ciad ospitavano circa 5.3 milioni di sfollati, rifugiati e rimpatriati che cercavano rifugio dalle crisi dell’intera regione e circa il 75% di questi trovano collocazione in Nigeria. La condizione degli sfollati interni e dei rifugiati è qui di estrema precarietà, in assenza di alloggi adeguati in aree già di per sé inidonee ad un improvviso ripopolamento intensivo.

Quando si parla di Sahel si parla dunque di difficoltà a sopravvivere in un contesto emergenziale che ha bisogno di essere preso di petto.

L’interesse europeo per i mutamenti e le sorti del Sahel è primario giacché da quest’area arriverà presto il più grande numero di migranti, che cercheranno alle porte dell’Europa mediterranea un accesso ad una vita che possa semplicemente definirsi dignitosa.