«Faceva freddo, tanto freddo, troppo freddo».
Tre ottobre 2013: durante la notte, davanti all’Isola dei Conigli, a Lampedusa, un barcone con oltre 500 migranti si ribalta. La conta dei morti sarà drammatica: 368, quasi tutti di origine eritrea. Al Museo della Fiducia e del Dialogo del Mediterraneo, da cui si vede il Molo Favaloro, ci sono alcune foto dei volti dei sopravvissuti. Gli stessi che oggi, a distanza di dieci anni, dalla Svezia o dalla Norvegia, dove hanno cominciato una nuova vita, si meravigliano: «Ma davvero si muore ancora, in mare?».
Tre ottobre 2023: durante la notte, in piazza Piave, quel Vito Fiorino che dieci anni fa, facendo forza su mani e braccia, strappò al mare 47 persone, è troppo commosso per parlare. Riesce solo a ringraziare: chi è qui, a questa stramba ora, in raccoglimento per ricordare; e i lampedusani, che benché se ne dica, hanno scritto la storia aprendo le braccia.
C’è un silenzio surreale, questa notte, mentre gli studenti cantano e recitano i nomi di chi ha lasciato la pelle in quel naufragio. Nomi, appunto. Non numeri, non corpi. Jemal, Abdelkadr, Aman, Araya, Lamiek, Kidane…
«Avete una responsabilità grandissima: raccontare tutto questo alle vostre famiglie, ai vostri amici». Il sindaco di Lampedusa Filippo Mannini si rivolge così, la mattina alla Porta d’Europa, ai tantissimi studenti arrivati sull’Isola grazie al Comitato 3 ottobre. Quei giovani, reduci da tre giorni di testimonianze che non lasciano spazio a fantasie, hanno in mare fiori da lanciare in mare, quel mare che attrae turisti e inghiotte vite, quel mare che nella sua bellezza è diventato un cimitero, quel mare così vasto da non farti intravedere né l’Italia né la Tunisia, che eppure è a due passi.
Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre, traduce le parole in arabo dei sopravvissuti. Poco prima di aprire il corteo da Piazza Castello, ha sparso parole sul senso di comunità, su cosa significhi essere una nazione che sa accogliere. Ieri, durante l’ennesimo dibattito su questi 10 anni di indifferenza, ricordava la necessità di identificare le vittime, di non lasciarle all’oblio del mare, di restituire i corpi alle famiglie e non ai pesci, di aprire una banca dati europea.
Intanto, nella notte, a Lampedusa sono sbarcate altre persone. Intanto, la legge del mare, impone ancora di salvare chi non ce la fa.