Joy Mse: «Canto la paura della fuga e della persecuzione»

La musica che libera i pensieri, tira fuori gli stati d’animo e svolge una funzione catartica dentro al corpo e nello spirito. Una vita non facile, ma che sa trovare il coraggio di farsi avanti, curare il dolore e iniziare a respirare aria pulita. E cantare diventa un modo per ricongiungersi con le proprie origini, scoprire nuove emozioni e aspetti interiori che stavano lì, sepolti. Così, l’artista Msekwa, in arte Joy Mse, parla a cuore aperto del suo ultimo singolo, uscito il 31 gennaio scorso, e racconta la sua storia di vita.

Msekwa, che significato ha Eccoci qua, il titolo di questa sua ultima canzone appena uscita?

«Eccoci qua vuol dire fare sentire la mia presenza in Italia e dichiarare apertamente “Esisto anche io” e vorrei essere accolta senza mezze misure, in ogni parte di me stessa. Non mi sono mai percepita così autentica come adesso. Per tanto tempo ho trattenuto le mie emozioni, i miei turbamenti. In passato, troppo spesso non mi sono sentita accettata: a livello fisico, il colore della mia pelle e i miei lineamenti erano motivo di discriminazione. Ero tanto visibile, ma allo stesso tempo invisibile, perché non considerata.  Voglio narrare la mia storia, l’etnia da cui provengo, essere serena nel raccontare da dove vengo».

Qual è la storia di vita che vuole rendere pubblica attraverso la musica?

«La mia nascita porta con sé un trauma che si è manifestato in una diaspora. Mia madre, quando era incinta di me, è dovuta fuggire dalla Somalia assieme a mio padre e mio fratello per raggiungere la Tanzania, dove io sono venuta alla luce. Infatti, all’epoca, in Somalia c’era molto razzismo a la nostra etnia non era ben vista. I “Wazigua” venivano discriminati perché erano quelli con i capelli duri, labbra grosse e naso grande. Mio fratello è stato mandato in Italia prima di me, io quando sono arrivata in Italia avevo cinque anni e sono entrata prima in affido e poi in adozione presso la mia famiglia, i Mancino, perché la mia famiglia aveva già preso accordi uno dei miei zii già presenti in Italia. Era il maggio del 1985: i miei genitori, la sorella di mia madre e suo marito vennero a prendermi a Fiumicino. Quando arrivai a Ravenna, ad aspettarmi calorosamente, c’erano mia nonna, mio fratello Emanuele, la mia futura madrina e il mio padrino del battesimo, così come sua figlia e tante persone del condominio in cui ho abitato per anni. Solo nel 2000 ho saputo che appartengo all’etnia Wazigua. Noi Wazigua crediamo di provenire dalla Tanzania ma siamo incerti sulle nostre origini, forse i miei avi si erano spostati dalla Tanzania verso la Somalia. I miei nonni, i miei genitori e tanti altri parenti sono nati e cresciuti in Somalia. I motivi dello spostamento di secoli fa da Tanzania, Kenya, Mozambico verso la Somalia sono, per alcuni gruppi come il mio, di natura economica e per altri gruppi di bantù (noi siamo bantù, ma questo ceppo comprende tantissime etnie), il motivo è stato quello della schiavitù. La paura che ho provato quando ho riflettuto sulle mie origini e quelle dei Wazigua l’ho raccontata nel secondo singolo “Eccoci qua”, perché parla di vari viaggi: quello di mia madre e mio padre e mio fratello e il mio nel ventre di mia madre dalla Somalia alla Tanzania, quello mio e di mio fratello e dei tanti miei parenti dall’Africa all’Italia, quello antico dei miei avi, quello degli attuali miei parenti che a fatica sono riusciti ad andare in America come rifugiati Wazigua, stando per tanti anni nei campi profughi in Kenya, quello di alcuni miei parenti che non ce l’hanno fatta e si sono tolti la vita qui in Italia, a causa del razzismo e dei traumi di quando erano piccoli».

Che significato c’è dietro i nomi Msekwa e Joy Mse?

«Ho sempre pensato che Msekwa volesse dire “persona che ride” . Nel 2018 invece ho conosciuto una persona della mia stessa area geografica che mi ha spiegato che il significato esatto è “persona derisa”. Ci sono rimasta molto male e ho anche pensato di cambiare nome. Cercando in un dizionario della mia lingua originaria, ho avuto la conferma di questo secondo significato. Siccome il nome fa parte della mia persona, con il tempo non ho più pensato di cambiarlo, ma, quando è stato il momento di decidere il nome d’arte, ho scelto Joy che vuole dire “gioia” abbinato a Mse che significa derisione, in modo che entrambi i significati fossero presenti».

Oltre alla musica,  ci sono altre attività che lei coltiva?

«Ho studiato pianoforte e fare musica mi ha sempre dato tranquillità, gioia e serenità. Nel 2023 mi è venuta la voglia di scrivere dei testi e così mi sono lanciata. Sento che questo è un modo pacifico per rimettere insieme pezzi di vita e ritrovare me stessa. Una maniera per dissolvere i conflitti interiori e fare convivere le mie tre identità: somala, tanzaniana e italiana. Oltre la musica, insegno italiano agli stranieri e lavoro nell’ambito dell’accoglienza. Sono attività che mi gratificano e che svolgo da diverso tempo. Adesso che con la musica ho trovato la strada per sconfiggere le mie paure, mi auguro di trovare la via che porta alla felicità»

Eccoci qua, mamma

Sarai l’ultima a partire.

Eccoci qua, mamma

Siamo gli ultimi a fuggire.