«L’ho trovato molto vero, anche perché ha uno stampo documentaristico ed è girato in Africa. Mi è piaciuto moltissimo». Michela Cicchetti frequenta la quinta dell’indirizzo scienze applicate al liceo scientifico di Ravenna. La settimana scorsa, insieme ai compagni e alla professoressa di Storia e Filosofia Cristina Pecchini, è stata al cinema Mariani – nell’ambito delle proiezioni organizzate dall’U.O. Immigrazione del Comune di Ravenna – a vedere «Io capitano» di Matteo Garrone, uscendone entusiasta: «Ho sentito dire che il film alla fine è troncato, ma ce ne sarebbe voluto un altro intero per raccontare che cosa succede dopo, ai migranti, una volta sbarcati. Mi ha molto colpito la traversata del deserto, sono temi di cui si sente spesso parlare ma vedere quella sofferenza in quel modo è toccante».
Anche G.M.M. (iniziali d’obbligo perché ancora minorenne), studente della stesso liceo di Michela, ha apprezzato il film: «Mi sono piaciuti sia la storia, sia il modo in cui è stata resa. Sono arrivato al cinema molto incuriosito, ne sono uscito soddisfatto. Credo che “Io capitano” sia un film molto attendibile, in grado di mostrare, in modo giustamente crudo, alcuni aspetti drammatici, come quelli legati alla detenzione in Libia». Il ragazzo lo consiglierebbe un po’ a tutti: «Mi sembra un film adatto a chi vuole farsi un’idea più adeguata sul tema delle migrazioni, un tema pesante che però non si può ignorare».
È uscito dal cinema positivamente impressionato anche Matteo Scrittori, che frequenta l’indirizzo grafica all’Istituto per geometri di Ravenna: «Mi piacerebbe che “Io capitano” fosse visto da chi è critico sull’argomento “migranti”, magari dalle persone razziste. Attraverso la storia dei due protagonisti, si può ben capire come ci vogliano forza e personalità per arrivare in Europa. Spesso le persone straniere vengono descritte come nullafacenti, invece io ho davvero notato quanta disperazione, convinzione e perseveranza siano necessarie per attraversare il deserto e poi il mare». A colpire Matteo, anche il legame tra i due protagonisti, Seydou e Moussa, e il fatto che Seydou, minorenne e inesperto, a un certo punto venga messo alla guida della barca che deve trasportare decine di persone verso l’Italia: «Ci sono un sacco di pregiudizi che questo film riesce a smontare. Mi sono davvero emozionato».
Giudizio più che positivo anche per Enrico Armanni dello Scientifico, che da appassionato di cinema, fin dalla mostra di Venezia aveva sentito parlare del film: «Per interesse personale, della tematica avevo letto già molte cose. Ma credo che “Io capitano” sia davvero efficace perché scardina tanti stereotipi». Anche dal punto di vista tecnico, per Enrico si tratta di un bellissimo lavoro: «Le riprese sono formidabili, è davvero un film realizzato bene». A colpire, in particolare, il ragazzo, sono state le torture nelle carceri libiche e il fatto che al timone del barcone dei migranti ci sia un minorenne: «Mi ha fatto davvero specie che venga chiesto a un ragazzino che non ha mai affrontato il mare di portare tutte quelle persone in Europa. Anche in questo caso, molti pregiudizi cadono, pur senza scadere mai nel pietismo: credo che Garrone sia stato bravissimo a evitare di calcare la mano sui fattori morali, a vantaggio di un racconto molto veritiero, che non forza nessuno ad impietosirsi, semmai a pensare».