Intercultura, occhi sognanti sulla “mia” Ravenna

È martedì pomeriggio. Sono le due e come al solito ho i minuti contati per raggiungere la Casa delle Culture senza fare tardi. Prendo la borsa con un paio di libri sulla grammatica italiana già infilati dentro, infilo la giacca, il cappello e la sciarpa che, con questa umidità non si sa mai.
Chiudo la porta con una mandata, scendo le scale e finalmente esco. Catapultata nel centro di Ravenna. Mi muovo svelta verso la mia meta, anzi verso le mie mete: B. e I., due giovani liceali che incontro due volte la settimana per le nostre lezioni di italiano.

B. è tailandese, ha i capelli neri e lunghi, ma sempre raccolti in una coda un po’ spettinata. I. invece è messicana, ha gli occhioni color cioccolato ed ha sempre tanto freddo. Dice che non è abituata a questo clima, e che da lei c’erano quasi 40 gradi quando è partita. Hanno deciso di studiare in Italia per qualche tempo: I. per sei mesi, B. per un intero anno, e ne hanno avuto l’opportunità grazie ad un programma di mobilità studentesca di Intercultura, un’organizzazione di volontariato che promuove scambi scolastici internazionali per studenti di scuole medie e superiori e favorire così il dialogo interculturale.

Cammino, cammino. E penso al cambiamento di vita che B. ed I. hanno scelto di affrontare, ad appena 16 e 17 anni. Frequentano il liceo a Ravenna: B. ha un talento innato per il disegno, mentre I. è molto portata per le lingue. Ma ciò che più mi colpisce, è lo sguardo con cui guardano la ‘mia’ Ravenna: sono ammirate dal grande albero in Piazza del Popolo, e ho visto il loro sguardo curioso mese dopo mese luccicare davanti quelle cose che per me dopo due anni qui sono ordinarie.

Arrivo a destinazione, accendo la luce, preparo il nostro tavolo per la lezione. B. arriva per prima, puntualissima e precisissima. Mi saluta timidamente. I. invece arriva un po’ più tardi perché viene da fuori, prende il treno per le nostre lezioni subito dopo esser uscita da scuola.

Ci salutiamo. E noto, a lezione, la stessa curiosità che hanno anche fuori: I. è un uragano in piena, fa tante domande, non vede l’ora di parlare, di raccontarmi cosa le è successo a scuola, e si sforza di farlo in italiano. B. invece è più riservata: si perde o forse si nasconde nei suoi appunti, scritti con ordine perfetto, lettere allineate. All’inizio parlava pochissimo, e solo se chiamata a rispondere. Ora invece mi parla della sua famiglia, e mi mostra foto dell’ultimo fine settimana a Cesenatico con la sua famiglia ospitante. Sì, perché parte integrante del programma, per una totale immersione nella cultura internazionale, è vivere per tutta la durata del programma insieme ad una famiglia locale, condividendone spazi, abitudini, e affetti.

Dopo lezione, ci piace andare a prendere un caffè insieme sia per migliorare la lingua, per praticarla ‘sul campo’, ma soprattutto per gustare una tenerina con mascarpone.

B. adora la cioccolata calda, e questo lo sa anche il cameriere, che ormai non la lascia neanche finire di ordinare: non molto funzionale per la lezione, ma decisamente meraviglioso per l’integrazione e la sensazione di farla sentire a casa. B. invece ama più il salato ed è meno abitudinaria: cambia spesso, anzi cambia ogni volta.

Io ordino sempre il mio caffè espresso, e sono a mia volta affascinata dai loro discorsi: così giovani, ma così d’ispirazione. Le guardo e rifletto: dovrei insegnare io qualcosa a loro, ed invece ogni volta finisce che sono loro ad insegnare qualcosa a me. Nelle nostre lezioni, nelle nostre passeggiate, nelle nostre chiacchierate, mi accorgo che inizio a guardare la ‘mia’ Ravenna con occhi diversi. Che guardo il mondo con occhi diversi, curiosi, sognanti.

Gli occhi dolci di B. e gli occhi attenti di I., impossibili da dimenticare, con cui mi auguro sapranno sempre attraversare il mondo, lasciando un segno.