«Inserimento socio-economico dei migranti e accesso ai servizi del territorio», Casper II si presenta a Bologna

Sarà presentato a Bologna il 23 febbraio il progetto FAMI CASPER II che vede la Regione Emilia Romagna quale capofila, con l’obiettivo di «promuovere l’inclusione degli studenti stranieri, qualificare e facilitare l’accesso dei cittadini stranieri al sistema integrato dei servizi territoriale, qualificare la comunicazione istituzionale e facilitare la fruibilità degli strumenti informativi sui temi dell’integrazione e dell’intercultura, valorizzare il ruolo delle associazioni di cittadini stranieri e delle seconde generazioni». L’evento di giovedì ha come titolo «Competenze, inclusione, nuove generazioni: esperienze e scenari futuri nell’ambito della programmazione FAMI per l ’integrazione dei cittadini di Paesi Terzi». Approfondiamo alcuni aspetti che saranno trattati Andrea Nasciuti della cooperativa sociale Dimora d’Abramo di Reggio Emilia.

Nasciuti, che ruolo ha all’interno della cooperativa Dimora d’Abramo e quale posizione ha avuto nel progetto FAMI CASPER II?

«All’interno della cooperativa ho ruolo di Coordinatore dei Servizi di consulenza e orientamento legale e di territorio. Per quanto riguarda il Progetto Fami I.M.P.A.C.T.. ho svolto un ruolo di Case manager».

IMPACT CASPER è definito un piano multi-azione. Quali sono i principali obiettivi che si pone?

«I.M.P.A.C.T. significa Integrazione dei Migranti con Politiche e Azioni Coprogettate sul Territorio. L’avviso IMPACT, con una dotazione finanziaria di 25.807.320,08 milioni di euro, è rivolto alle Regioni e alle Province Autonome, per il consolidamento dei Piani d’intervento regionali per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi avviati attraverso l’Avviso multi-azione n.1/2016 e si declina nelle stesse linee d’azione: qualificazione del sistema scolastico in contesti multiculturali, anche attraverso azioni di contrasto alla dispersione scolastica; promozione dell’accesso ai servizi per l’integrazione; servizi di informazione qualificata, attraverso canali regionali e territoriali di comunicazione: promozione della partecipazione attiva dei migranti alla vita economica, sociale e culturale, anche attraverso la valorizzazione delle associazioni. Come si può dedurre già dalle linee d’azione, il filo di connessione riguarda il sostegno rispetto all’inserimento socio economico dei migranti presenti nel territorio: la lingua e l’ambito formativo-scolastico, l’accesso ai servizi e alle informazioni ed opportunità del territorio risultano essere i luoghi preferenziali per promuovere la partecipazione attiva dei migranti che sono visti come portatori di ricchezza rispetto al contesto economico, sociale e culturale e non solo come forza lavoro e/o portatori di problematiche».

«Dimora d’Abramo, l’unica patria possibile è l’umanità», «Accogliere e non solo» sono le vostre frasi chiave: in che modo possiamo rimanere umani nel trattare l’integrazione degli stranieri in Italia e, giustamente, accogliere e non solo, quindi non cadere in un mero assistenzialismo? Nei vostri programmi si leggono i termini «autonomia», «formazione», «tutela sanitaria». Credo che in queste tre parole siano riassunte alcune modalità per rendere un cittadino indipendente e integrato. In che modo il progetto, attraverso la vostra cooperativa, ha portato avanti questi obiettivi e con quali risultati?

«Spesso l’accoglienza viene percepita come assistenzialismo in quanto è dato per scontato che chi accoglie è in una posizione di superiorità rispetto all’accolto, mentre spesso la maggiore possibilità di colui che accoglie (sia singolo o società o territorio) è determinata da questioni legate al contesto e non al singolo individuo o alla società di appartenenza. L’accoglienza pertanto, dal punto di vista della nostra organizzazione, si articola attraverso una responsabilità condivisa, tra colui che accoglie e chi è accolto, che si costruisce attraverso la conoscenza e che considera ciascun individuo, per le proprie possibilità, in grado di portare attivamente beneficio al luogo di accoglienza. In quest’ottica riscontriamo sempre più la necessità di affiancare azioni di accoglienza e di risposta ai bisogni primari, con progetti che orientino le persone rispetto alla comprensione del nuovo contesto, fornendo loro gli strumenti necessari per poter portare il proprio contributo di cittadini nello stato e nel territorio di accoglienza. Casper II ha permesso di lavorare su due livelli, in linea con quanto fino ad ora descritto: da un lato ha permesso di lavorare attraverso un’equipe multidisciplinare nella costruzione di concreti percorsi di accompagnamento individuali a cittadini stranieri, percorsi che hanno potuto tenere conto delle singole situazioni e risorse di ciascuno e di lavorare su queste per promuovere l’autonomia concretamente possibile, rispetto alle risorse di ciascuno, per muoversi e produrre nel nuovo contesto di vita. Dall’altro hanno dato l’opportunità di affiancare i servizi del territorio, nello specifico dell’azione 2, di nostra competenza, i servizi sociali, per costruire una lettura condivisa delle singole situazioni che tenesse conto non solo del punto di vista italocentrico del servizio, ma piuttosto fornisse la possibilità di leggere le situazioni attraverso una lente interculturale che valorizzasse quanto più possibile il bagaglio di esperienze, vissuti e le competenze del cittadino straniero».

Quanto influisce la lingua nell’integrazione e quanto sono importanti i progetti di formazione in tal senso? C’è una disparità tra la partecipazione ai progetti delle donne e degli uomini?

«A nostro parere la lingua è uno strumento principe di integrazione, in quanto non rappresenta solo lo strumento di comunicazione di una società, ma piuttosto ne rappresenta il pensiero (significanti e significati) e, per potere essere realmente partecipi in una società, riteniamo sia necessario comprendere ed aderire ai significati della stessa. Va però anche evidenziato che l’apprendimento di una nuova lingua avviene nel momento in cui si ha da una parte la sufficiente energia da poter spendere in questa operazione (quindi i bisogni primari sono garantiti), dall’altro si riscontra un interesse e un potenziale di partecipazione attiva nel territorio in cui si entra. Diviene molto complesso apprendere la lingua di un Paese nel quale ci si sente non riconosciuti, non visti e non valorizzati. I progetti formativi che oggi sono offerti funzionano nella misura in cui queste premesse sono viste e riconosciute, in caso contrario sono destinati ad una difficoltà molto forte nel decollare, almeno dalla nostra esperienza. Per quanto riguarda la disparità di partecipazione tra uomini e donne, forse è più interessante parlare di una differenza di opportunità e di “stato mentale” del singolo, più che di genere, nel determinare la partecipazione (ed in questo le donne partono sicuramente con un gap)».

Che cos’è stato previsto, in particolare, per le seconde generazioni?

«Quanto previsto è forse più in chi ha sviluppato la linea di azione 1 di IMPACT. A parere mio, le “nuove generazioni” poco amano essere identificate come seconde generazioni (… quindi, forse, se si smette di chiamarle così son felici). La questione maggiormente cruciale, in loro, è quella di vivere una costruzione della propria identità (tipico dell’adolescenza) a cui si aggiunge la difficoltà di riconoscersi in un gruppo (società di appartenenza, che riconoscono come poco attrattiva perché è quella degli adulti della famiglia e/o società di accoglienza, che non li riconosce fino in fondo spesso come parte integrante).

L’epidemia Covid 19 ha influito negativamente sul progetto?

«L’epidemia Covid-19 ha inizialmente rallentato la possibilità di azione del progetto. Dopo un primo momento di smarrimento, l’équipe ha potuto (si è sentita autorizzata) sperimentare nuovi strumenti di lavoro (soprattutto con piattaforme digitali), che hanno permesso di evidenziare anche risorse differenti sia nostre sia dei beneficiari».

Che cosa prevede la Programmazione FAMI 2021-2027? Ci sono differenze sostanziali rispetto al programma precedente?

«Il Programma, definito sulla base di un ampio processo di concertazione con i partner e gli stakeholder istituzionali e territoriali, individua i fabbisogni di medio termine più avvertiti nel settore dell’asilo, dell’integrazione e dei rimpatri, e individua, nei diversi settori, gli obiettivi prioritari da raggiungere e i risultati che meglio ne attestano il pieno conseguimento. In particolare, l’Obiettivo specifico 2 –“Migrazione legale e integrazione” (dotazione finanziaria 199 milioni 626 mila euro) prevede le seguenti azioni: capacity building, qualificazione e rafforzamento degli uffici pubblici; formazione linguistica; istruzione inclusiva; accesso alla formazione universitaria e riconoscimento dei titoli; supporto al miglioramento della governance multi-livello per l’integrazione socio-lavorativo dei migranti; prevenzione e contrasto al lavoro sommerso e al fenomeno del caporalato; inserimento socio lavorativo di fasce vulnerabili di migranti; valorizzazione, messa in trasparenza e sviluppo delle competenze, realizzazione individuale, socializzazione e partecipazione; promozione della partecipazione e dell’inclusione sociale e lavorativa delle donne migranti; promozione della partecipazione attiva dei cittadini migranti alla vita economica, sociale e culturale; dialogo interculturale e inter-religioso; prevenzione e contrasto alle discriminazioni; azione di sistema per la tutela sanitaria; monitoraggio della tutela volontaria e promozione dell’accoglienza familiare dei MSNA; protezione, tutela e integrazione dei minori stranieri sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria: misure pre-partenza e percorsi di orientamento, formazione, informazione nei Paesi di origine; promozione dei canali legali di ingresso regolare in Italia. Questa è la nuova programmazione Fami: sono maggiormente evidenziati inserimento lavorativo e sfruttamento lavorativo, la parte relativa all’apprendimento della lingua e della formazione inclusiva e  permane un certo interesse rispetto a formare dei servizi con sempre maggiori competenze nella costruzione di relazione interculturale (capacity building)».