In piazza gli italiani invisibili, l’ironia di Aprea e il regalo di Makkox

C’ero anche io, ieri sera in piazza San Francesco a Ravenna, tra quelli che potremmo chiamare «italiani invisibili». La mia testimonianza, insieme a quelle di Johnson Odiase e Omar Belhaj, è stata al termine di una giornata che ha visto il Dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Bologna, insieme al Comune di Ravenna, ragionare di trasformazioni digitali e inclusività, specie dei cittadini stranieri.

La serata è stata arricchita dall’attore Valerio Aprea, che ha intrattenuto vivacemente tutta la piazza con diversi dei suoi monologhi più famosi tra cui «Fantacitorio». Anche iil fumettista, disegnatore, vignettista ed autore televisivo Makkox, pseudonimo di Marco Dambrosio, sarebbe dovuto arrivare a Ravenna. In sua assenza, ha comunque interagito con la piazza, regalando anche una vignetta fatta su misura dei tre protagonisti del dibattito, intervistati dalla giornalista e conduttrice Valentina Petrini.

Omar ha raccontato di essere nato in Italia e, dopo i 18 anni, di aver ricevuto un diniego all’ottenimento della cittadinanza, dovuto ad un «buco» nella residenza che corrispondeva con il trasloco della sua famiglia da una città a un’altra, cosa che faceva risultare come se non fosse stato sul territorio italiano per più di tre mesi. La sua istanza si è poi risolta con l’intervento di un avvocato e la ricerca di prove che dimostrassero la loro permanenza continuativa sul territorio a quei tempi.

Johnson, nato in Italia e, per vicissitudini famigliari, allontanatosi dall’Italia per 10 anni , una volta tornato ha incontrato sin da subito tanti ostacoli a livello della residenza, del rinnovo del permesso di soggiorno nel Paese a cui pensava di appartenere per diritto di nascita e che fino ad oggi lo pone esattamente come qualsiasi migrante: ancora oggi Johnson deve rinnovare ogni anno il permesso da lavoratore per permanere serenamente nel “suo” Paese di nascita.

Io, arrivata in tenera età, ho concluso tutti i cicli scolastici fino all’università in Italia ma non ho ancora la cittadinanza. Tutto questo, causato da un iter burocratico molto lungo, mi penalizza nel poter realizzare i miei sogni nel cassetto, principalmente quello di entrare nel mondo del lavoro coerentemente ai miei titoli universitari ed essere al servizio della nazione a cui appartengo di fatto ma non di diritto.