Il terremoto del 6 febbraio scorso con epicentro a Gaziantep nel sud della Turchia, e successive scosse in tutta la provincia di Kahramanmaraş, probabilmente il più devastante degli ultimi decenni nell’area mediterranea, sta creando inevitabilmente una sconvolgente emergenza umanitaria che coinvolge tutta l’area tra sul Turchia e nord Siria.
Al di là dell’attivazione immediata di una necessaria macchina dei soccorsi, l’area dovrà affrontare nel medio termine una seconda emergenza umanitaria. Da più fronti (istituzionali e governative ma anche del terzo settore) si sta lavorando per contenere il numero elevato di morti e prestare soccorso sanitario ai sopravvissuti. Ad oggi si parla di oltre 5 mila morti, ma i dati di questa catastrofe non possono che considerarsi parziali e si stimano oltre 10 mila vittime accertabili.
L’area colpita dal terremoto è quella in cui da decenni la situazione geo-politica e i conflitti ne hanno mutato la quotidianità.
Fino all’insediamento del Presidente Bashar al-Assad i siriani del nord erano soliti spostarsi nell’area di Gaziantep anche senza documenti, le due diverse popolazioni vivevano in mutualità e pace, in un contesto multiculturale e di diversità etniche. Per comprendere la vicinanza culturale e storica delle due popolazioni, è sufficiente pensare che la turca Gaziantep e la siriana Aleppo facevano parte della stessa regione sotto l’impero ottomano, distando le stesse appena 100 chilometri. La città di Gaziantep è una delle più antiche e popolose della Turchia ed è situata in quella che una volta era l’antica Mesopotamia: crocevia di storia, cultura ed incontro da diverse etnie in cui turchi, curdi e arabi coesistevano in equilibrio.
Il vicino conflitto nei territori del Kurdistan siriano e del Kurdistan turco hanno però negli anni cambiato il volto di Gaziantep e della sua provincia.
Con l’inizio della guerra siriana nel 2011, poi, sono stati oltre 4 milioni le persone fuggite dalla Siria verso la Turchia e la provincia di Gaziantep è stata una delle aree in più rapida crescita al mondo. La sola città di Gaziantep è passata da una popolazione di 120.000 nel 1970 a oltre i 2 milioni di oggi, diventando un importante centro di aiuti umanitari e terra di rifugio per i siriani (circa 462.000, pari al 21,6% della popolazione).
La città è popolata da un rilevante numero di aleppiani, proprio in ragione della storica vicinanza culturale tra le due città, ma anche da profughi della zona nord della Siria. La presenza di siriani è tanto rilevante che in alcuni quartieri della città i residenti sono per il 90% arabi.
La gravissima inflazione che sta vivendo la Turchia è stata oggetto di una recente presa di posizione da parte del Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che nel novembre 2022, facendo leva sul malcontento generale della popolazione di Gaziantep, non ha lesinato critiche alle autorità locali per la troppa apertura all’accoglienza riservata agli sfollati siriani, sebbene la città abbia avuto certamente un beneficio dal massiccio arrivo di siriani, con il rifiorire dell’economia in molti settori, dall’artigianato al terziario.
Il 29.11.22 l’ inviato speciale del Segretario generale per la Siria Geir O. Pedersen ha dichiarato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che vi erano «sviluppi preoccupanti e pericolosi in Siria rischiano di innescare un’escalation militare che minaccerebbe quasi tre anni di relativa calma” ed aveva invitato tutte le parti coinvolte a ridurre l’offensiva nei territori del conflitto siriano nella prospettiva che “più violenza comporterà più danni per i civili siriani e metterà in pericolo la stabilità regionale, con i gruppi terroristici che approfittano della nuova crisi».
A preoccupare la comunità internazionale e le Nazioni Unite è stata la nuova escalation di violenze nel nord della Siria negli ultimi mesi del 2022, scaturita dal massiccio riproporsi dei combattimenti tra le Forze Democratiche Siriane (SDF) e gruppi di opposizione armata turchi in tutto il nord della Siria e nei limitrofi territori turchi.
Sempre a fine novembre 2022 il Presidente turco ha minacciato che l’offensiva turca contro le forze curde nel nord della Siria sarebbe potuta iniziare “in qualsiasi momento».
La difficile situazione economica turca, l’ostilità verso i il popolo curdo da ogni fronte, il conflitto interno in Siria ed il mai sopito conflitto nel Kurdistan turco e siriano sono la cornice in cui si aggiunge questa enorme emergenza umanitaria dovuta al terremoto del 6 febbraio scorso.
C’è da attendersi che si attiverà certamente un meccanismo di sostegno economico, anche da parte dell’Unione Europea e di singoli Paesi per diverse ragioni interessati agli sviluppi nell’area, le cui risorse si auspica verranno effettivamente distribuite per dare sostegno agli sfollati del terremoto, sebbene proprio in quell’area vivano le minoranze e le etnie sempre troppo poco care al governo centrale turco.
A migrare non saranno soltanto i cittadini turchi ma altresì i cittadini siriani già sfollati in Turchia ed i cittadini siriani colpiti dal sisma nei loro territori, di cui poco si parla anche in termini numerici in questi giorni.
E adesso, cosa dobbiamo immaginare che succeda?
L’accordo sui migranti che l’Europa siglò con la Turchia nel marzo del 2016 conoscerà una riforma? Sarà possibile ancora controllare in questo modo la migrazione attraverso la rotta balcanica o gli sfollati apriranno una nuova rotta per l’Europa attraverso il Mar Mediterraneo?