Francesco, mentore di una ragazza afghana: «Per me, un dovere verso il mondo»

«Fianco a Fianco» è un progetto che vuole promuovere l’integrazione di giovani migranti, rifugiati e rifugiate, che arrivano nel nostro Paese. È un’iniziativa lanciata dall’associazione Refugees Welcome Italia, in collaborazione con Unicef e si rivolge a tutti e tutte coloro «che desiderano mettere a disposizione un po’ del proprio tempo per aiutare ragazzi e ragazze stranieri a realizzare il proprio percorso di vita in Italia, creando un rapporto di amicizia che sia arricchente per tutti».

Francesco Zanellati è uno dei giovani italiani che ha scelto di accompagnare i ragazzi stranieri lungo questo cammino di riscoperta, soprattutto personale.

«Questo progetto agisce in modo capillare e va ad integrare e supportare l’azione di tutti gli enti che si occupano di integrazione. Spesso – ci spiega – le azioni di integrazione istituzionali, pur essendo fondamentali a livello pratico, non arrivano a coprire altri bisogni dei rifugiati. La vita di tutti i giorni risulta spesso “limitata” alla bolla in cui i rifugiati sono inseriti; con questo progetto si crea una dinamica più personale, affiancando un mentore che ha sia il ruolo di aiutare i rifugiati in situazioni pratiche (cercare lavoro, fare la patente…) ma soprattutto quello di creare un rapporto di amicizia che sfocia in esperienze di tutti i giorni, dal farsi una passeggiata al mare al condividere momenti di quotidianità che sono fondamentali».

Parlando della sua esperienza, Francesco ci racconta di avere aderito all’iniziativa nel 2021 e di averla scoperta tramite il passaparola: «Perché ho scelto di partecipare a Fianco a Fianco? Il motivo è molto semplice: ogni uomo degno di questo nome ha il dovere di rendere il mondo migliore. Ciò può avvenire in molteplici forme, a livello planetario o nel proprio condominio, a seconda dei propri talenti e delle proprie possibilità. Questa realtà entra in risonanza con ciò che amo fare, ed è stata una semplice conseguenza di ciò che vivo nel cuore».

Per diventare un mentore, si passa prima da colloqui conoscitivi, poi segue un corso di formazione, fino ad arrivare all’abbinamento vero e proprio, suggerito dagli operatori.

«Spesso leggo in giro tante parole dette per esaltare il proprio ego e la propria umanità, di come esperienze di questo tipo arricchiscano e donino prospettive di vita differenti. Tutto vero – prosegue Francesco – ma personalmente la risposta è molto più semplice: mi dona l’occasione di lavorare su parti di me stesso, di stare a contatto con ciò che risuona in me nella relazione. Da ciò scaturisce tutto il resto, emerge tutta la bellezza che non va sbandierata, ma vissuta. In sintesi, la vivo come un dovere verso il benessere mondiale, che passa anche dall’aiuto capillare. Le difficoltà che si incontrano nel rapporto con i ragazzi stranieri, se così possono definirsi, sono principalmente nella comunicazione. L’uso dell’italiano è spesso un ostacolo, che permette però l’aprirsi di altre forme di comunicazione».

Al momento Francesco sta vivendo un’esperienza con una ragazza afgana, fuggita in Italia dopo la rivoluzione talebana del 2021: «Ci vediamo per fare dei giri per Ravenna, cene insieme e scambi reciproci in autenticità. Non serve molto altro, solo esserci nella propria interezza. Il resto viene da sé, perché si diventa tramite di qualcosa di più elevato che non necessità di troppi interventi. Ciò che mi piace ricordare e mi emoziona vedere, ogni volta è la sensazione di unità e possibilità nel proprio futuro che vedo negli occhi di chi ho davanti, dopo che ci siamo fatti una passeggiata in riva al mare».

Per maggiori informazioni sul progetto, scrivere a ravenna@refuges-welcome.it

Per candidarsi direttamente, compilare questo form https://refugees-welcome.it/diventa-mentore/