La burocrazia abbatte barriere e semplifica le cose? A vantaggio di tutti o solo di alcuni? Fabio Di Loreto del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri sarà domani, giovedì 26 maggio, a Ravenna, per la giornata «Trasformazione digitale per una società inclusiva: i nodi della semplificazione amministrativa».
Nell’ottica di andare sempre di più verso una società che include, anziché escludere, qual è la grande sfida che gli apparati amministrativi hanno davanti a sé?
«L’era del digitale mette a disposizione di tutti i cittadini una serie di strumenti utili ad abbattere barriere fisiche e culturali esistenti nel rapporto tra individui e tra cittadini e pubblica amministrazione. In particolare, l’avanzare delle tecnologie, insieme ad un apparato normativo internazionale sempre più integrato (vedasi il Regolamento UE n° 910/2014 – eIDAS e il Regolamento UE 2018/1724 – Single Digital Gateway), permette a tecnici e decisori di studiare e pensare numerosi strumenti che riescano a garantire a tutti i cittadini, a prescindere dalla nazione di provenienza, di orientarsi negli iter burocratici inerenti ai diversi servizi che lo stato offre loro. In tal senso, la sfida più grande che gli apparati amministrativi devono affrontare, in un’ottica di sempre maggiore inclusione, risulta essere l’integrazione su scala nazionale e internazionale delle differenti banche dati della Pubblica Amministrazione italiana, europea e internazionale. È stata completata l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), che rappresenta solo il primo passo di un percorso di digitalizzazione del nostro Paese, che punta ad uniformare tutte le banche dati di interesse nazionale, ad evitare duplicazioni, incongruenze e disallineamenti dei dati per renderli accessibili in tempo reale. Per i cittadini vuol dire accedere a servizi sempre più semplici, immediati e intelligenti, basati su informazioni condivise e costantemente aggiornate, potendo così godere dei propri diritti digitali, come accedere in tempo reale ai propri dati, ottenere il cambio di residenza, richiedere certificati da un portale unico. Ma anche risparmiare tempo e risorse, evitando di duplicare informazioni già fornite in precedenza alle diverse amministrazioni che offrono servizi pubblici. La disponibilità di servizi online su tutto il territorio nazionale contribuisce alla riduzione dei divari territoriali all’interno del Paese, in quanto il cittadino non è più vincolato ai servizi del proprio comune, ma può beneficiare dei servizi rilasciati dal portale nazionale. D’altro canto la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), su cui il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri sta accelerando le attività di realizzazione, è l’infrastruttura tecnologica definita dal legislatore all’art. 50-ter del CAD che renderà possibile l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici, mediante l’accreditamento, l’identificazione e la gestione dei livelli di autorizzazione dei soggetti abilitati ad operare sulla stessa, nonché la raccolta e conservazione delle informazioni relative agli accessi effettuati. Questo è un passo fondamentale per creare quello che è il portafoglio dati della Pubblica Amministrazione, dove ogni amministrazione andrà a fruire dei dati delle altre amministrazione per creare i suoi servizi a valore aggiunto: l’obiettivo è realizzare un sistema integrato di anagrafi collegate tra di loro, ognuna responsabile per la propria quota di dati, tutte pronte a collaborare per mettere a disposizione i propri dati. Un’altra grande sfida è ripensare e potenziare il ruolo dei Comuni, affinché diventino sempre più dei touchpoint per la popolazione, offrendo supporto nei percorsi di integrazione all’interno dei servizi digitali nazionali, a tutti gli individui e in special modo ai cittadini più bisognosi».
Quali azioni lo Stato metterà in campo per accompagnare all’utilizzo delle procedure digitali cittadini o fasce di cittadinanza a rischio esclusione?
«Al centro dell’evoluzione digitale del Paese è stato posto il cittadino, non la tecnologia in sé. Di conseguenza l’alfabetizzazione digitale e le competenze ad essa legate sono un pilastro fondamentale del PNRR, facilitando l’inclusione, migliorando la qualità della vita e consentendo di cogliere opportunità legate alla rivoluzione digitale. Repubblica Digitale è l’iniziativa strategica nazionale, che ha l’obiettivo di ridurre il divario digitale e promuovere l’educazione sulle tecnologie del futuro, supportando il processo di sviluppo del Paese. La strategia nazionale per le competenze digitali individua quattro assi di intervento: lo sviluppo delle competenze digitali necessarie all’interno del ciclo dell’istruzione e della formazione superiore; il potenziamento e lo sviluppo delle competenze digitali della forza lavoro, sia nel settore privato che nel settore pubblico, incluse le competenze per l’e-leadership; lo sviluppo di competenze specialistiche ICT per nuovi mercati e nuovi posti di lavoro, in gran parte legati alle tecnologie emergenti e al possesso delle competenze chiave per i lavori del futuro; il potenziamento delle competenze digitali necessarie per esercitare i diritti di cittadinanza (es. la piena fruizione dei servizi online) e la partecipazione consapevole al dialogo democratico. Il progetto dà vita a un’alleanza ampia tra enti e organizzazioni pubbliche e private, cittadini: grandi aziende, associazioni di consumatori, amministrazioni pubbliche e organizzazioni non profit stanno già partecipando alla più grande operazione di formazione digitale collettiva del Paese. I cittadini, gli studenti, i giovani, verranno avviati a percorsi di formazione sui servizi digitali ad oggi disponibili, sulla cultura digitale, etica e non discriminatoria, sulle tecnologie del futuro dell’aerospazio, della, robotica, 5G, IoT, fino alla cyber security e all’intelligenza artificiale».
L’interoperabilità delle banche dati delle pubbliche amministrazioni è un processo ineludibile per ridurre costi, ritardi, corto circuiti burocratici delle pubbliche amministrazioni e consentire ai cittadini di esercitare i diritti riconosciuti senza dover affrontare delle vere e proprie “vie crucis”. Quanta consapevolezza c’è a suo avviso tra gli esperti e i tecnici della necessità di includere nel processo di interoperabilità anche gli archivi e le basi di dati di interesse nazionale che riguardano i cittadini stranieri, come previsto dal legislatore?
«Senza ripetere concetti già detti in precedenza, il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri sta accelerando le attività per l’adozione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), quale strumento chiave per l’interoperabilità e l’accesso ai dati delle Pubbliche Amministrazioni. L’obiettivo è creare un sistema logicamente integrato di anagrafi di settore, a partire dalle anagrafi di rilevanza nazionale di cui all’articolo 60 del CAD, al fine di disporre per ogni cittadino di un insieme di dati certificato, accessibile, affidabile e sicuro. Punto cardine dell’iniziativa è la disponibilità dell’ANPR, che dovrà operare come punto di riferimento per i dati anagrafici: ogni dato anagrafico di un cittadino presente in qualunque anagrafe dovrà essere copia di quello custodito in ANPR. Il progetto mira a disegnare un sistema logicamente integrato di basi dati anagrafiche dell’intera Pubblica Amministrazione italiana che valorizzi gli investimenti e le infrastrutture della pubblica amministrazione già disponibili e sia in grado di offrire servizi e benefici a cittadini, aziende e altre pubbliche amministrazioni, tra cui fornire un ecosistema di dati certificati, aggiornati in tempo quasi-reale e non duplicati (ovvero allineati al dato master); ottimizzare il ruolo e la qualità dati delle anagrafi esistenti; accelerare il percorso di de-certificazione, rendendo l’intero patrimonio informativo fruibile al settore pubblico e privato, nel rispetto del quadro normativo vigente; favorire lo sviluppo di servizi integrati e proattivi intra-PA ed extra-PA.Tra le basi di dati di interesse nazionale il legislatore indica espressamente gli archivi automatizzati in materia di immigrazione e di asilo di cui all’articolo 2, comma 2, del DPR 242/2004 (art. 60 comma 3-bis lett. f del CAD). È evidente quindi l’impatto che tale processo potrebbe avere sui procedimenti amministrativi inerenti all’accesso ai servizi e l’esercizio dei diritti riconosciuti dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, nonché per ridurre il rischio di contraffazioni. Per esempio, potrebbe scomparire la gestione cartacea del permesso di soggiorno che lo straniero deve sempre esibire, salvo alcune eccezioni, ai sensi dell’art. 6 comma 2 del D.lgs. 286/98, testo unico delle disposizioni sull’immigrazione. La verifica digitale della regolarità del soggiorno da parte delle pubbliche amministrazioni eviterebbe una gestione complessa e macchinosa del cartaceo, spesso costituito da ricevute datate per i ritardi nel rinnovo da parte degli uffici competenti o da un proliferare di nuovi permessi con scadenze e formati alquanto variabili, che genera spesso corto circuiti burocratici, ritardi, ostacoli impropri ai diritti riconosciuti per cause non imputabili al cittadino. L’accesso digitale garantirebbe invece la certezza della regolarità del soggiorno, azzerando il rischio di contraffazioni, a beneficio dei rapporti giuridici sottostanti connessi alla titolarità di un permesso di soggiorno».