Epi, Ravenna insieme ad altre sei città europee per una strategia di integrazione

Arrivare a una strategia comune per l’integrazione dei cittadini stranieri. Questo l’obiettivo al quale, in questi ultimi tre anni, anche Ravenna ha lavorato nell’ambito del progetto europeo Epi (European Pact for Integration) finanziato dal Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione dell’Unione Europea. Allo stesso tavolo, anche le città di Cartagena (Spagna), Cluj (Romania), Dietzenbach (Germania), Linkoping (Svezia), Riga (Lettonia) e Lublino (Polonia).


A parlarne Daniela Gatta, referente di Epi per il Comune di Ravenna, nonché coordinatrice del progetto Sai (ordinari e minori stranieri non accompagnati) e per la Cooperazione decentrata: «Attraverso focus group con gli stakeholders locali, in questi mesi abbiamo individuato i settori prioritari sui quali puntare, che sono le politiche attive per il lavoro e le nuove forme dell’abitare, ambiti considerati strategici per l’integrazione. Tra le azioni pilota scelte, una delle più importanti è senza dubbio quella dell’Albo delle famiglie accoglienti».


Daniela Gatta andrà alla fine di marzo a Cartagena, dove si discuterà della formalizzazione delle singole strategie e si programmerà la conferenza internazionale in programma a fine maggio a Monza: «Il confronto con le altre città è stato utile e stimolante. Chiaramente ogni contesto di partenza è diverso e le strategie scelte, quindi, molto dipendono dalle caratteristiche specifiche dei territori. Ci sono realtà che nell’ambito della sperimentazione di EPI hanno implementato un progetto pilota di centro immigrati, attività che nel nostro caso esiste da vent’anni. Altre non hanno ancora prassi rodate sulla lingua, che per il contesto di Ravenna sono ormai consolidate. Altre ancora, come Cartagena, hanno deciso di lavorare sul dialogo interreligioso e interculturale, aspetto interessante dal quale anche noi potremmo prendere spunto in vista del futuro. Perché se Epi termina a metà 2022, non è detto che le suggestioni che ne sono scaturite non possano essere utilizzate negli anni a venire. Non perderemo di vista, insomma, il grande obiettivo di stimolare la cittadinanza verso un modello di welfare di comunità».