La «nostra» Elisabetta Somaglia è tante cose concentrate in un’unica persona: donna, mamma, architetto e scrittrice. Appassionata di viaggi e lingue straniere, parla del suo nuovo libro dal titolo «Diversamente donna. Interviste a donne di tutte il mondo». Il ricavato ottenuto con le copie vendute andrà devoluto all’Associazione Still I Rise, fondata da Nicolò Govoni. «Seguo Nicolò Govoni da diverso tempo – dice Elisabetta – e mi piace il fatto che agisca indipendentemente da qualsiasi cosa. Costruisce scuole in paesi dove poche persone possono permettersi un’istruzione e la cultura, secondo me, è sia la base dell’evoluzione che delle rivoluzioni in senso buono».

Elisabetta, com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
«Tutto parte dalle uscite al parco che facevo assieme ai miei figli. Vedevo spesso gruppi di donne separate, a seconda della nazionalità, mentre invece i bambini giocavano assieme. Io ho sempre cercato di parlare con tutte le mamme e, interagendo con loro, mi sono accorta che elementi come le emozioni, i sentimenti, sono aspetti che accomunano le persone provenienti da paesi diversi. Così mi è venuta l’idea di fare a queste donne le stesse domande, per vedere se le risposte potevano essere uguali o differenti, a seconda della nazionalità e della cultura d’appartenenza».
Che tipologia di donne ha scelto d’intervistare e come le ha rintracciate?

«Ho intervistato 47 donne che hanno vissuto o vivono in Italia da almeno un anno, provenienti da 33 paesi del mondo e ho posto loro 107 domande uguali e divise per categoria: carta d’identità, concetto uomo e donna, religione, ruolo delle donne, la società, il sesso, gli usi e i costumi, violenza e paure, amicizia, animali. Ho scelto questa struttura per fare in modo che il libro fosse accessibile a tutti, alle persone interessate a un paio di argomenti o a quelli che vogliono leggerlo per intero. Le donne da intervistare le ho rintracciate sul web e cercate sui social. Ho scelto un’età compresa tra i 25 e i 50 anni e un livello d’istruzione medio-alto per avere un campione rappresentativo circoscritto».
Qual è stata la parte più difficile di questo lavoro?
«L’aspetto più difficoltoso è stato rintracciare donne di certi paesi e riuscire a comunicare con loro. Per esempio, con le sudamericane è stato semplice per la somiglianze della lingua e della cultura, invece, quando mi sono spostata nel sud- est asiatico è stato più complicato. Infatti, ci sono concetti che tu possiedi perché sei nato e cresciuto in un paese occidentale, ma certe parole hanno un significato solo in una determinata lingua e cultura. Io ho pensato le domande in base alla mia cultura d’appartenenza, ma poi ho realizzato che, per farmi capire, dovevo adattarle all’interlocutore che avevo di fronte».
Qual è l’argomento con maggiore diversità nelle risposte e quello con più comunanze?
«Per quanto riguarda tematiche come il sesso e l’omosessualità ho trovato molte differenze. Ci sono paesi che ormai da tanti anni hanno regolamentato i diritti degli omosessuali, quindi le persone ne parlano senza problemi. Invece, gli appartenenti a certe culture hanno fatto fatica a capire le domande e a parlare di questi argomenti. Sull’amicizia ho trovato molta uniformità, così come quando sono andata a toccare un tema come quello della violenza. Le risposte sono state simili, anche per quello che riguarda il diritto di difendersi in caso di abusi».
Che esperienza è stata scrivere un libro come questo?
«Per me è stato come viaggiare in tutti i paesi delle donne che ho intervistato. Ho avuto la conferma che nella diversità c’è un minimo comune denominatore. Sono nate anche delle belle amicizie, loro si sono aperte a me e io a loro. Ho vissuto una bella esperienza di confronto verso ciò che è diverso da me, ma uguale sotto certi punti di vista e questo è quello che ho voluto comunicare»