In Italia capita che un richiedente asilo non riesca a presentare la domanda di protezione internazionale perché non riesce ad effettuare il primo accesso nella Questura di riferimento o perché non riesce a formalizzare il cosiddetto C3, il modulo con cui si ufficializza la domanda. Questo perché, fuori dalle regole, i funzionari chiedono una dichiarazione di ospitalità, pretendono l’esibizione di un passaporto o, ancora, perché fissano un tetto massimo di richieste al giorno. Procedure che, però, non hanno alcun fondamento giuridico.
A metterlo nero su bianco è Asgi, che questo mese ha pubblicato «Mappatura delle prassi illegittime delle questure italiane», uno studio pilota che raccoglie e sistematizza i dati rilevati attraverso un questionario somministrato a operatori e avvocati dall’inizio di maggio alla fine di giugno dello scorso anno. Il report, che non ha l’ambizione di essere rappresentativo di tutte le prassi e di tutte le Questure d’Italia (i questionari raccolti sono 108, per una copertura di 55 delle 107 province italiane), accende lo stesso i riflettori su alcune violazioni di diritti. Per esempio, in 23 province d’Italia, ai richiedenti asilo viene impedito l’accesso alle strutture di accoglienza, spesso sulla base di una presunta mancata disponibilità di posti. Succede anche che si venga accolti (e a volte che si ottenga un permesso di soggiorno) solo dopo la presentazione del C3, dunque non in sede di prima manifestazione della volontà di fare richiesta asilo, con il risultato che in quel limbo di tempo si è fuori dal circuito dei Cas (e si è irregolari sul territorio).
Allo stesso tempo, evidenzia lo studio di Asgi, chi formalizza una domanda reiterata di protezione internazionale, nel 34% dei casi non ottiene un permesso di soggiorno. Cosa che avviene anche nel 62% dei casi di chi accede alla procedura accelerata perché richiedente asilo proveniente da un cosiddetto Paese di origine sicuro (a oggi, Gambia, Costa d’Avorio, Nigeria, Marocco, Tunisia, Kosovo, Albania, Bosnia-Erzegovina, Algeria, Capo Verde, Georgia, Macedonia del Nord, Ghana, Montenegro, Senegal, Serbia).
Il report chiude facendo un focus sulle tempistiche riguardanti i rinnovi dei permessi di soggiorno: la maggior parte delle Questure impiega oltre i tre mesi, ma nella maggior parte dei casi si superano i sei.