La 42enne Benilde Gerente, originaria del Mozambico, vive a Ravenna da ormai 20 anni. Di famiglia benestante, non aveva esigenze particolari per lasciare la sua terra, se non quella di seguire il suo cuore. Il suo ex compagno, italiano, si trovava in Mozambico per lavoro, così insieme decisero di trasferirsi in Italia. A Ravenna Benilde ha sempre lavorato, prima in un magazzino di frutta e verdura, poi per quasi 15 anni come barista in un ristorante di Lido di Dante: «Fortunatamente il lavoro non mi è mai mancato e mi ha permesso di imparare la lingua Italiana, che ho praticato ogni giorno con i colleghi e i clienti. Non è stato difficile, perché molte parole sono simili al portoghese. Oggi in casa con i miei due figli parliamo principalmente in italiano anche perché loro sono nati e cresciuti qui».
Benilde si è sempre trovata bene in città e non ha mai sentito addosso il peso di essere straniera: «Non ricordo un solo episodio di razzismo, un’offesa, un pregiudizio o gesto discriminatorio nei miei confronti, nonostante io sia arrivata 20 anni fa, quando le cose in Italia e in generale nel mondo erano un po’ diverse. Anche io, del resto, ho sempre agito nel rispetto della legge italiana, provando ad essere parte attiva nella comunità e studiandone la cultura, le usanze e modi di vivere. Penso sia fondamentale per uno straniero impegnarsi in questo senso, l’integrazione va coltivata da entrambe le parti. Chi arriva in un Paese che non è il suo, ovviamente trovandosi nelle giuste condizioni, è assolutamente al pari di qualsiasi altro cittadino quanto a doveri. Anche i miei figli, fortunatamente, non hanno mai vissuto spiacevoli situazioni legate alle loro origini. Nessun atto di bullismo o violenza. La loro educazione è il riflesso dei valori che coltiviamo in famiglia, improntati su una mentalità molto aperta, fatta di condivisione e di rispetto verso gli altri. Per me è importantissimo che loro conoscano più lingue: parlano bene l’inglese, il portoghese, l’italiano e adesso studiano anche francese e spagnolo. Saper comunicare con persone che usano una lingua diversa dalla tua, a mio avviso, aiuta ancora una volta ad avere una mentalità più elastica, libera da preconcetti e soprattutto curiosa, aperta alla conoscenza».
Esattamente un anno fa, Benilde si è lanciata in una nuova sfida, quella di aprire una sua attività, in particolare una gastronomia di cucina portoghese, mozambica e brasiliana. Oggi, ha fatto un altro passo in avanti: O Coqueiro diventa infatti anche un ristorante/birreria, dove poter sempre gustare piatti tipici tropicali abbinati a diverse birre artigianali: «Volevo qualcosa che fosse solo mio e soprattutto essere autonoma come donna. Gestire un locale è sempre stato il mio più grande sogno, dopo anni trascorsi come dipendente. Adesso stiamo lavorando per avviare una società di franchising. Vogliamo portare “O Coqueiro” in altre città italiane, partendo da Bologna, da Ancona e dal Friuli. Nonostante la mia famiglia fosse agiata, con un’attività avviata da molto tempo, ho voluto fin da subito rendermi indipendente. Sono tre anni che non ritorno a casa, a causa della pandemia. In Mozambico i miei genitori gestiscono un resort, io di solito vado lì a novembre e li aiuto per qualche mese».
Quanto alla rappresentanza dei mozambicani in Italia, Benilde sa che i numeri sono piccoli: «Non siamo una comunità molto grande. Insieme ad altre donne faccio parte di un’associazione che promuove e organizza le feste tipiche della nostra terra, come ad esempio quella che celebra la mulher moçambicana. Il 7 aprile, infatti, nel mio Paese è la Festa della Donna Mozambicana. La data ricorda la morte di Josina Machel, una donna uccisa nel 1971 durante la lotta armata per l’indipendenza. Josina è diventata la figura-simbolo delle donne mozambicane chiamate a lottare per la vita. In suo ricordo, il 7 aprile abbiamo organizzato una festa da O Coqueiro, aperta a tutti”.