Natalka, 40 anni, è fuggita da Kiev il giorno in cui iniziarono i primi bombardamenti. Esattamente lo scorso febbraio, quando Putin dichiarò guerra all’Ucraina. Da quel momento la sua vita, come quella di tantissimi altri suoi connazionali, è cambiata per sempre. Non ci sarà un punto di ritorno, solo tanto coraggio e la necessità di ripartire: «Ero in città il giorno del primo attacco. Ricordo che lasciammo tutto nel giro di pochi minuti: lavoro, la corsa a casa per recuperare i documenti, il lungo viaggio in macchina lasciandoci indietro ormai il nulla. Avevamo perso ogni cosa, da ieri a oggi, le nostre vite non esistevano più». Natalka è arrivata a Ravenna dopo 15 giorni, ad accoglierla un amico. I primi giorni dormiva a bordo della sua barca: «Di quel periodo ricordo il profondo senso di angoscia, di confusione e paura. Avevo con me solo qualche vestito e i documenti. Quando arrivai in Italia, ero stremata.Dopo aver alloggiato nella barca di un mio amico, mi rivolsi al Comune di Ravenna, che mi mise in contatto con la Caritas diocesana e da lì il passaggio alla fondazione Opera di Santa Teresa del Bambino Gesù di Ravenna. Grazie a Filippo, che si occupa dell’accoglienza, da diversi mesi alloggio alla Casa della Carità San Giuseppe della fondazione.Da qualche giorno è arrivata mia madre, anche lei fuggita dall’Ucraina. Entrambe necessitiamo di cure mediche, lei per un problema alle gambe, io per una forma tumorale che mi è stata diagnosticata. Purtroppo, con noi la sorte non è stata tanto clemente. Fortunatamente in Italia ho incontrato solo belle persone che mi hanno teso la mano, venendomi incontro. Ringrazio i servizi sociali del Comune e tutti i collaboratori della Caritas e dell’Opera di Santa Teresa. Senza di loro non so come avrei fatto».
Le due donne temporaneamente condividono l’alloggio alla Casa della Carità dell’Opera di Santa Teresa. Le loro vite sono entrambe da ricostruire senza sapere bene da dove iniziare. Alla domanda sul suo possibile rientro in Ucraina, la 40enne non sa dare risposte: «A Kiev avevo un lavoro, che riesco in qualche modo a gestire a distanza. Vorremmo tornare a casa nostra, certo. Chi non lo vorrebbe. Ma anche se finisse la guerra, ci sarebbero intere città da ricostruire. Del mio Paese non resta più nulla. Tanti giovani soldati stanno affrontando e morendo per questo inutile conflitto, frutto della malvagità umana. Anche tanti russi, perché costretti. Basta guardare quelli fra loro che stanno lasciando la Russia pur di non andare al fronte. Spero nell’intervento dell’Europa, molti miei connazionali stanno patendo il freddo e la mancanza di cibo e di acqua. Adesso con l’inverno alle porte, sarà ancora più dura. Ci sono tanti bambini, donne, anziani che hanno bisogno di aiuto. Grazie a tutte le persone, ai volontari di associazioni e alle fondazioni che hanno accolto in Italia e nel mondo chi ha lasciato l’Ucraina».