
La violenza che non si vede è quella più difficile da identificare e combattere. Negli ultimi dieci anni il Comune di Ravenna ha lavorato sulla progettazione di percorsi per sconfiggere i maltrattamenti psicologici. Percorsi che hanno coinvolto anche il personale scolastico, come gli insegnanti delle scuole e degli istituti comprensivi di diverso ordine e grado. Gli argomenti trattati sono incentrati, per esempio, sulle le dinamiche di potere tra i generi, sulla capacità di riuscire a elaborare le emozioni negative come abbandono, gelosia, tristezza, rabbia, in modo da riconoscerle e trasformarle in atteggiamenti positivi, di dialogo e collaborazione verso l’altro e quindi non violenti. La costruzione di una didattica della pace è la pietra miliare su cui si fonda una società civile in grado di prevenire i comportamenti aggressivi.
L’ultimo percorso proposto è stato promosso dalla Regione Emilia Romagna in collaborazione con ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e riguarda la lotta alla violenza contro le donne. E’ rivolto al personale che lavora in contesti multiculturali o con background migratorio e ha lo scopo di fornire ai partecipati gli strumenti atti a riconoscere e poi gestire le manifestazioni di violenza di cui il genere femminile è vittima nelle diverse culture d’appartenenza. Il percorso è su due moduli e prevede una modalità di fruizione mista (sia in presenza che online) nelle giornate del 12 settembre, h 9.00-13.00/ 14.00-16.00 e 10 ottobre, h 9.00-12.00 presso la Casa delle Culture di Ravenna. Le iscrizioni son aperte fino al 31/07 al seguente link:

https://forms.gle/K9NJTZNXWZWKKC1B8
«La violenza ha infatti diverse forme e sfumature che possono trasformarsi in atteggiamenti quotidiani senza che la vittima sia consapevole (deridere, svalutare, offendere, giudicare, attribuire altri significati alle parole, sono alcuni esempi di violenza subdola che richiedono percorsi specifici per essere riconosciuti e sradicati», spiega Giancarla Tisselli, psicoterapeuta, formatrice e relatrice durante le due giornate del corso.
Il corso è sviluppato con una metodologia che prevede il coinvolgimento diretto dei partecipanti attraverso l’interazione, il dialogo e lo scambio di opinioni tra i partecipanti.
«E’ importante saper trovare delle alternative per comunicare i propri desideri e i propri bisogni, insegnare una comunicazione empatica che non svaluti le esigenze dell’interlocutore», continua Tisselli.
Ognuno ha ombre e necessità da fare convivere dentro di sé. Riuscire a gestirle e a rapportarsi in maniera positiva verso l’altro, sapere ascoltare, valorizzare i bisogni di chi abbiamo di fronte migliora i rapporti interpersonali e diminuisce i conflitti. I conflitti si sciolgono quando ci mettiamo sul piano del sentire, usciamo dall’idea che c’è una gerarchia tra i partecipanti alla conversazione, uno che ha diritti sull’altro, sappiamo prestare attenzione e valorizziamo i sentimenti in un’ottica di condivisione e reciprocità.
«Con le donne si lavora sull’autostima, sul rinnovo dei criteri di valore, abbassando il potere che il giudizio maschile ha su di loro. Si vive all’interno di società dove la violenza e la gerarchia hanno sempre avuto radici profonde all’interno delle relazioni e sono ancorate alle tradizioni, a volte c’è anche un’eredità della violenza. Infatti, si assiste a comportamenti violenti di figli che imitano i padri, più o meno inconsciamente. Quando una ragazza ha vissuto in casa il maltrattamento del padre sulla madre cresce con un’idea confusa di amore e violenza. Di fronte a un partner violento farà più fatica a svincolarsi e dovrà farsi aiutare tramite un percorso psicologico mirato».
Tisselli insiste sull’importanza dei percorsi volti a formare personale competenze che sia in grado di affrontare questo tipo di situazioni per prevenire atti persecutori e violenti nei confronti delle genere femminile.