Un paio di domeniche fa ero a un torneo di calcio a Forlimpopoli, dove ha giocato anche la squadra di mio figlio. Al momento delle premiazioni, è sceso in campo Daniel Giulianini, cantante lirico, che ha coinvolto tutti i bambini nell’inno di Mameli. L’occhio mi è cascato su due ragazzini neri, che con la mano sul cuore hanno cantato a squarciagola “Fratelli d’Italia”. Passata l’emozione di quel momento, ma anche quella sana rabbia che ti fa ricordare, ogni volta, che molto probabilmente quei due bambini non hanno cittadinanza italiana per via di una legge vecchia trent’anni e scollegata dalla realtà, ho fatto un bagno di normalità. La normalità a cui ci riporta il Rapporto Immigrazione 2023 della Regione Emilia-Romagna (lo potete scaricare qui), che tra i tanti importanti numeri raccolti, dà un quadro complessivo anche della scuola: in particolare, nell’anno scolastico 2021/22 sono stati oltre 609.833 gli alunni iscritti nelle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria della Regione e, di questi, 106.280 erano stranieri (ovvero l 17,4% del totale degli studenti). Si tratta della più alta percentuale degli ultimi vent’anni. Per fare un esempio “precedente”, nell’anno scolastico 1998/99 il valore si attestava al 2,5%.
L’incidenza degli alunni stranieri sul totale degli iscritti risulta più incisiva, in ordine decrescente, nelle province di Piacenza (24,2%), Parma (19,9%), Modena (18,5%), Reggio Emilia (17,0%), Ravenna (16,8%), Bologna (16,5%), Ferrara (15,9%), Forlì-Cesena (15,3%) e Rimini (14,2%).
In merito alle cittadinanze, le più rilevanti sono Marocco (16,4%), Albania (15,0%), Romania (12,4%), Moldavia e Cina (entrambe al 5,1%).
Sin dalle prime fasi dell’immigrazione l’Emilia-Romagna è prima regione in Italia per percentuale di alunni stranieri sul totale studenti. Un primato che si mantiene anche nell’anno scolastico 2021/22 con il 17,4%; segue il dato in crescita della Lombardia (16,3%) e della Toscana (14,6%). Il dato italiano si attesta invece il 10,6%.
Chiaramente, se quei due ragazzi che cantavano a memoria l’inno d’Italia fossero stati riconosciuti, alla nascita, come cittadini italiani, e tutti i nuovi nati nella stessa condizione avessero seguito la stessa sorta, oggi quei numeri, quelle classifiche, quei record e quei primati, sarebbero del tutto “sballati”. Perché sì, nero e italiano, ce lo insegnava Nadeesha Uyangoda, possono stare nella stessa frase.