Nell’ottobre dello scorso anno, i bambini e gli adolescenti migranti in carico alla Neuropsichiatria infantile dell’Asl di Piacenza erano il 27% del totale, un numero nettamente in crescita rispetto agli anni precedenti.
«Pensavamo di cavarcela, è durata poco», ha detto Donatella De Buglio, che oggi pomeriggio ha rappresentato il suo servizio durante il webinair «Costruire la salute per/con i migranti. Servizi sanitari e sociosanitari in un welfare di comunità». un’iniziativa inserita nella Giornata mondiale del rifugiato e che è stata l’occasione per presentare la rivista Sestante (l’ultimo numero è scaricabile qui).
Di fronte a nuove domande e nuovi bisogni, è stato necessario costruire una nuova offerta sanitaria, basata in primo luogo sulla formazione continua degli operatori: «Intanto, abbiamo reclutato e formato i mediatori linguistico-culturali, perché senza di loro è impossibile parlare di transcultura in ambito clinico. Anche con tutta la buona volontà e anche la capacità di rimetterci in discussione da un punto di vista teorico, senza di loro non ce la si fa. Perché persino davanti a genitori con un’altra competenza linguistica, l’alleanza terapeutica è davvero difficile da realizzare».
Un pezzo di lavoro è stato, poi, fatto sulla capacità di decentramento: «Abbiamo iniziato a leggere il funzionamento della malattia e del disagio non solo con i nostri strumenti ma anche con la codifica culturale dei pazienti e delle loro famiglie. Bisogna, infatti, sviluppare rispetto ed empatia perché il rischio del contro transfert culturale, che mette in atto meccanismi difensivi di fronte all’alterità, è dietro l’angolo». L’approccio della Neuropsichiatria infantile è stato esteso a tutta l’Asl di Piacenza, quindi alle unità operative Minori e Psicologia di base: «Inoltre, da anni ormai gli operatori e i mediatori fanno formazione congiunta, per lavorare meglio insieme anche per rendere il servizio il più possibile competente culturalmente».
Inoltre, viene applicato ai minori e alle loro famiglie il PDTA 7, dispositivo transculturale che prevede la presenza fissa del mediatore linguistico culturale nel percorso di valutazione-assessment, per evitare errori diagnostici e terapeutici: «In questi anni, lavorando in questo modo, abbiamo seguito 267 situazioni».