Amnesty International e la mostra di Salgado: «Exodus potente strumento per sensibilizzare sui diritti umani»

Emilia Astore, alla mostra «Exodus» di Sebastião Salgado, è affezionata da diversi anni, ovvero da quando, da adolescente, la vide per la prima volta. Oggi lavora nell’Ufficio Educazione e Formazione di Amnesty International Italia e, in particolare, si occupa di educazione in contesti non formali. Sarà al Museo d’Arte della Città di Ravenna il 30 e 31 gennaio per condurre una formazione legata alla mostra del fotoreporter brasiliano che inaugurerà il 21 marzo.

«Amnesty International – spiega Astore – è un movimento globale che si occupa di diritti umani e questa mostra, che immagino si sia evoluta nel tempo, ci tocca da tanti punti di vista. In particolare, all’interno del più ampio tema dell’immigrazione, ci interessano la violazione dei diritti politici, civili, ambientali così come la fuga dalle guerre e dalla fame». Il focus interessante riguarderà, tra le altre cose, l’utilizzo delle immagini e delle arti visive come strumento di sensibilizzazione: «Amnesty è impegnata da sempre sull’educazione ai diritti umani, sia nei contesti scolastici, che in quelli professionali e anche non formali, penso agli spazi museali, ai centri giovanili, all’educativa di strada. La collaborazione con i musei, inoltre, è interessante anche perché le linee guida del Consiglio d’Europa suggeriscono di rivolgerci anche a spazi non scolastici per le nostre attività. In Italia, questo spunto risulta particolarmente centrato, visto che diversi ragazzi e diverse ragazze lasciano la scuola prima del tempo». I temi sui quali Amnesty si sta focalizzando negli ultimi tempi sono quelli delle campagne indicate dal Segretariato Internazionale di Londra: «Stiamo lavorando sul diritto di protesta, sulla tutela della libertà di espressione, sulla giustizia climatica e sulla violenza di genere. Chiaramente, ogni attività di sensibilizzazione ed educazione viene calata nei contesti locali per rispondere meglio a esigenze specifiche».

A Ravenna, la prossima settimana, Astore avrà davanti una platea eterogenea: «So che ci saranno persone che lavorano a scuola, altre che operano nell’accoglienza e integrazione dei migranti. Ma ci saranno anche operatori ed operatrici museali e e degli enti locali. Strutturerò la formazione sui diversi bisogni, tenendo un approccio interculturale e intersezionale, laddove per intersezionale intendiamo il modo in cui le diverse identità delle persone possono moltiplicare i livelli di discriminazione e oppressione». Eterogenei saranno anche i fruitori finali: «Ad essere accompagnate alla mostra da coloro che verranno formati saranno persone con età e percorsi diversi, non necessariamente con background migratorio. Siamo consapevoli che le arti visive consentono un’esperienza diretta, che suscita a sua volta emozioni forti. Ecco perché sarà importante conoscere al meglio i propri partecipanti e offrire loro, ove possibile, anche un percorso precedente o successivo, che vada oltre la visione della mostra. La nostra ottica è, infatti, quella dell’empowerment: la riflessione scaturita dalla mostra dovrà andare nella direzione di rafforzare le potenzialità di ognuno. Per tutti questi aspetti, durante la formazione daremo spazio a domande, consigli, perplessità, emozioni».

Ciò che è certo, per Astore e quindi per Amnesty, è che la mostra di Salgado è uno strumento potentissimo per sensibilizzare sulle migrazioni e sulla lotta alle discriminazioni: «Il nostro lavoro di ogni giorno è orientato al cambiamento: delle leggi, della mobilitazione delle persone e dell’accountability, termine che indica la responsabilità e la trasparenza dei processi decisionali per la tutela dei diritti. Le immagini di Salgado non potranno che darci una mano in questo senso».